Google potrebbe perdere una battaglia importantissima contro Apple, anche se la Mela non sembra essere destinataria di alcun introito monetario diretto. Si ricorderanno di certo le polemiche di qualche mese fa, quando Google è stata accusata di spiare illecitamente gli utenti Safari su iOS. Ora arrivano le prime reazioni della Federal Trade Commission, pronta a comminare una multa da ben 22 milioni di dollari.
La vicenda, seppur in questa sede estremamente semplificata, è di facile comprensione: Apple ha previsto in Safari di iOS un sistema per bloccare automaticamente tutti i cookie di terze parti, a meno che non sia l’utente ad abilitare manualmente la funzione. Lo scopo di questa misura è prevenire tracking illeciti sul comportamento degli utilizzatori, con la rivelazione possibile di dati sensibili, attuati a scopo di advertising. Google, tuttavia, pare abbia creato un loophole – ovvero ha tecnologicamente evitato questo ostacolo – per garantire ai propri advertiser di inserire cookie, e quindi di spiare un utente iOS, qualora avesse interagito con un banner pubblicitario. Reso pubblico il sistema, Big G ha fatto ammenda e ripristinato le normali condizioni di navigatore per gli user di iPhone, iPod Touch e iPad.
Per punire questo comportamento illecito, la Federal Trade Commission parrebbe intenzionata a comminare al gigante delle ricerche una multa di 16.000 dollari al giorno, per tutto il periodo in cui Google si è avvalsa di questo sistema. Dal 2009, a qualche mese fa, la cifra totale raggiungerebbe i 22,5 milioni di dollari. Così come sottolinea il The Wall Street Journal, si tratterebbe della sanzione più elevata dell’intera storia dell’ente governativo.
Il provvedimento, partito da un’indagine invocata tramite un esposto dalla stessa Apple, potrebbe non essere l’unico a carico di Mountain View. Lo scorso marzo Apple si è appellata nuovamente all’antitrust per verificare pratiche anticoncorrenziali del rivale e, così, la FTC ha iniziato una nuova indagine per accertarsi se “la compagnia accresca in modo illecito i tassi pubblicitari dei competitor e i risultati di ricerca in favore del proprio stesso business, come ad esempio il network Google+”.