Una vicenda di cronaca accende i riflettori sul valore dei dati digitali e, non ultimo, sul loro accesso al termine della vita dei legittimi proprietari. E apre una lunga serie di questioni etiche: quanto può essere labile il confine dell’ammissibile sul fronte della privacy? Il tutto accade negli Stati Uniti, dove un uomo avrebbe cercato invano di recuperare da un iPad ricordi e fotografie della moglie deceduta.
La vicenda si svolge a Ypsilanti, nel Michigan, dove la scorsa estate Rick Davis ha dovuto dire addio all’amata moglie a causa di una lunga malattia, dopo 32 anni di matrimonio. Negli ultimi mesi di vita, data anche l’impossibilità di dormire, la donna pare passasse molto tempo in compagnia del suo iPad. Diari, foto ricordo, pensieri e messaggi d’amore: tutta una vita trasportata in digitale. Dopo la scomparsa, il marito ha tentato di ottenere l’accesso a questi dati, per rendere il distacco dalla compagna meno doloroso. Non conoscendo la password del dispositivo né le credenziali dell’account iCloud, tuttavia, per il vedovo non vi è stata alcuna possibilità. Nemmeno contattando Apple, la quale si è sostanzialmente rifiutata di fornire le credenziali per l’accesso ai documenti richiesti.
Stando a quanto riportato da un servizio di un’emittente locale, il vedovo avrebbe inizialmente contattato Apple per chiedere quale procedura si dovesse seguire per sbloccare il dispositivo. Dopo la consegna del certificato di matrimonio e di morte dell’amata, l’assistenza ha spiegato come l’intera procedura sarebbe stata possibile solo a seguito di un ordine giudiziario.
Il prosieguo della vicenda è complesso e non del tutto chiaro: sembra che l’uomo abbia inavvertitamente riportato il tablet alle impostazioni di fabbrica, sulla base forse di un’incomprensione con il servizio clienti. Al fine di questa trattazione, tuttavia, non è importante il caso in sé, quanto le implicazioni etiche: quanto dura la privacy? E chi può aver diritto ad accedere ai dati digitali dopo la morte?
La questione non è di facile risoluzione. Apple, così come tutte le altre aziende di settore, non possono che comportarsi secondo la legge: l’accesso ai dati sensibili su supporti digitali può avvenire solo su richiesta dell’autorità giudiziaria, non vi può essere cessione a terzi senza questo fondamentale passaggio. Così è in gran parte dei paesi occidentali e, non ultimo, così sembra essere anche in caso di morte. Di conseguenza, gli esperti consigliano di agire d’anticipo: effettuare backup di fotografie, video e altri ricordi a cadenza regolare su supporti locali facilmente accessibili ai familiari. La condivisione della password è invece generalmente sconsigliata, fatta eccezione per quei casi di estrema fiducia e sicurezza dei rapporti domestici.