Nel libro “Smart mobs” (2002), Howard Rheingold indicava nella tecnologia indossabile (wearable computer) uno dei fattori chiave della “rivoluzione sociale futura”. Al riguardo, c’è ora un interessante esperimento in corso a Venezia, città che un post di giugno già segnalava per la sua politica volta a incentivare la diffusione del WiFi gratuito.
Ci riferiamo al progetto “locast“, che coinvolge il Massachusetts Institute of Technology e Rai Nuovi Media. L’ambizione dichiarata del progetto è elevata: sperimentare il passaggio dal Web 2.0 allo Spazio 2.0. Vediamo come.
Per “Spazio 2.0” s’intende lo spazio fisico “aumentato” di uno spazio virtuale: è una versione di quella che in inglese si definisce appunto “augmented reality” e che il caso di Venezia aiuta ad esemplificare. In sostanza, il progetto si basa sulla combinazione di tre elementi: il computer, il telefonino e un monitor indossabile, una specie di “navigatore” evoluto che dà all’utente, in tempo reale, informazioni multimediali sui luoghi che sta attraversando. L’utente quindi vive un’esperienza a cui concorrono lo spazio fisico e quello virtuale corrispondente.
Seguiamo un utente di “locast” nel suo itinerario attraverso lo Spazio 2.0: con il computer, identificandosi tramite login, pianifica un itinerario; sul posto, con un cellulare connesso a Internet via WiFi, segue l’itinerario e scambia informazioni; il cellulare, con un’applicazione Locast, e il monitor, indossabile e appositamente fornito, comunicano via Bluetooth. Il monitor, seguendo e guidando l’utente come un navigatore “sensibile al contesto”, propone contenuti multimediali relativi ai luoghi che l’utente sta attraversando (ad esempio, sul patrimonio museale o sugli spettacoli realizzati nei luoghi attraversati). Il dispositivo indossabile è anche in grado di memorizzare immagini e video, garantendo così “souvenir digitali“.
Sulla home-page del progetto troviamo anche l’icona di rinvio a Facebook, che viene consigliato come spazio su cui condividere la propria esperienza.