«Oggi nove documenti aggiuntivi sono stati rilasciati al pubblico per la prima volta dopo che Google ha posto le proprie obiezioni. Le novità sono nelle deposizioni del CEO Google Eric Schmidt così come nelle analisi di Google su YouTube prima dell’acquisizione. Messe assieme, rendono chiaro uno dei concetti chiave del caso: Google ha deliberatamente deciso non solo di trarre profitto dall’infrazione di copyright, ma anche di usare la minaccia dell’infrazione di copyright per coercizzare i titolari dei diritti come Viacom nel licenziare i contenuti».
Sono queste dichiarazioni di fuoco, del valore di 1 miliardo di dollari, firmate dal vice presidente Viacom Stanley Pierre-Louis. Sono infatti queste le parole che sostengono la causa Viacom vs Google ove in ballo vi sono non soltanto una pesante sanzione, ma anche un intero business model su cui Google sta tentando di ottenere l’imposizione del proprio concetto di copyright e la monetizzazione effettuata dell’impero YouTube. Viacom si è scagliata contro Google non soltanto per dimostrare l’irregolarità dell’operato del gruppo con la repository video, ma anche per rendere palese il dolo e la piena consapevolezza che fungono oggi da aggravante.
Nove i file (.pdf) messi in ballo dall’accusa, provenienti perlopiù da mail interne tra i massimi dirigenti di Mountain View (dai responsabili dei prodotti fino ai vertici della proprietà): 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9.
Secondo quanto riportato da Viacom a sostegno delle proprie tesi, vari esponenti di Mountain View avrebbero pronunciato a suo tempo frasi del tipo:
- «Il modello di business di YouTube è completamente sostenuto dai contenuti pirata»
- «I contenuti di YouTube sono tutti gratuiti e molti di essi sono molto clip piratati molto ricercati»
- «Dovremmo migliorare le funzioni e la user experience di YouTube, non diventare distributori canaglia di contenuti rubati»
Queste ed altre le evidenze portate in pubblico. Viacom stigmatizza l’abitudine Google nel definire le strategie rivali come distruttive per l’idea odierna della rete, ma l’accusa sminuisce tutto ciò: una volta rimossi i file illegali da YouTube, il servizio rimane ancora in piedi con milioni e milioni di file disponibili. Quel che Viacom contesta, insomma, è meramente la parte remunerativa dell’archivio, quella su cui gli aventi diritto intendono avere da Google una fetta di introito ben maggiore rispetto a quella garantita dagli accordi oggi in essere.
«Detto questo, siamo dispiaciuti del fatto che le azioni Google sono sfociate in una azione legale, ed abbiamo compiuto tutti gli sforzi per rimanerne fuori. Alla fine, però, Google non ci ha lasciato scelta. La nostra compagnia spende una fortuna ogni anno in promozione, sviluppo e finanziamento di progetti creativi, da popolari programmi televisivi come South Park a film come Transformer, Star Trek, G.I. Joe e Shutter Island. Occupiamo 11000 persone […]. Non possiamo permettere che compagnie come Google siano autorizzate a sottrarre sfacciatamente ciò per cui noi abbiamo lavorato duro in fase di creazione».
Tanto la difesa quanto l’accusa hanno esposto le proprie carte. La parola a questo punto passa alla giuria.