Le carte sono in tavola. In attesa di apprendere dalla Corte quale sia la sentenza per la sfida legale tra i due colossi, Google e Viacom ha presentato ala giudice le rispettive memorie, spiegando perchè ritengono di essere dalla parte della ragione. La cosa certa è che a distanza di 3 anni dalla denuncia Viacom contro Google (1 miliardo di dollari la richiesta presentata) le parti sono ancora estremamente lontane ed al momento non sembra possibile alcun accordo. I due teoremi, infatti, appaiono agli antipodi ed entrambi i contendenti scagliano accuse di malafede alla controparte.
Viacom (che nella documentazione di denuncia elencava 150 mila video per oltre 1.5 miliardi di streaming) porta avanti accuse mirate, facendo leva sulle comunicazioni interne tra Google e YouTube per dimostrare come i gestori del servizio ben conoscessero il quantitativo di materiale illecito presente sulla repository. Google per contro tenta di dimostrare la malafede della parte denunciante, chiedendo tutela dietro i principi della DMCA. Viacom contesta le cifre incassate dai venditori originari (i quali avrebbero messo in cassa centinaia di milioni di dollari per una attività pesantemente basata sulla pirateria), Google difende il proprio operato sbattendo in faccia a Viacom le opportunità mancate a seguito del rifiuto del programma Content ID. Non c’è modo di mettere le parti su un qualche binario comune, insomma: sarà il giudice Louis Stanton a doversi esprimere e la sua decisione sarà pesante tanto per i destini di YouTube quanto per l’immensa mole di danaro che un servizio di questo tipo è in grado di smuovere a livello internazionale.
L’attacco Viacom
«YouTube è stato intenzionalmente costruito sulle infrazioni e c’è un’infinita quantità di comunicazione interne che dimostrano come i fondatori di YouTube ed i loro dipendenti abbiano intenzionalmente tratto profitto da queste violazioni»: l’analisi delle email interne dei responsabili dimostrerebbe come soprattutto Steve Chen avrebbe spinto per l’upload di materiale illecito poichè fonte prima di traffico e di notorietà per il sito. Secondo Viacom, però, le colpe si estenderebbero anche oltre: Google avrebbe acquisito YouTube (per una cifra di 1.65 miliardi di dollari) con la piena consapevolezza di quanto stava accadendo ed avrebbe favorito il permanere di un certo tipo di tolleranza: «Google e YouTube avevano la tecnologia per fermare le infrazioni in qualsiasi momento ma non le usavano deliberatamente. Avrebbero offerto la protezione ai contenuti Viacom soltanto nel caso in cui Viacom avesse accordato di concedere in licenza tali lavori».
Viacom tira in ballo il caso Grockster: la Corte Suprema avrebbe chiaramente esplicitato come «un servizio che infrange intenzionalmente [il copyright] è punibile per questa infrazione». Si stigmatizza inoltre il comportamento di Google, la cui documentazione presentata alla Corte non entrerebbe nel merito della causa e si limiterebbe a segnalare precedenti intenzioni e volontà della controparte.
La difesa YouTube
La difesa di Google poggia su di una minaccia: se la Corte dovesse dare ragione a Viacom, per YouTube passerebbero i titoli di coda. «In tutto il mondo YouTube è diventato una metafora della democraticità del potere di Internet. YouTube ha offerto a musicisti, produttori e artisti sconosciuti un modo nuovo per promuovere i propri lavori ad un’audience globale e crescere verso la fama mondiale; ha reso possibile l’interazione tra i candidati politici e gli elettori; ha permesso il giornalismo diretto dalle zone di guerra e dall’interno dei regimi più oppressivi; ed ha permesso agli studenti di tutte le età e cultura di fruire delle lezioni delle migliori università. YouTube e i siti come YouTube smetteranno di esistere nella loro forma odierna se Viacom ed altri riusciranno a spuntarla nelle loro denunce contro YouTube». Nel mucchio, quindi, non resta che metterci anche Mediaset.
Google nella propria documentazione ricorda come la DMCA protegga le attività del sito e sottolinea inoltre le attività di Viacom attorno al sito. Viacom, infatti, avrebbe caricato materiale illecito per molto tempo, utilizzando poi lo stesso per le proprie denunce dopo averlo però già sfruttato a fini promozionali per le proprie produzioni. Ma non solo. Dalla documentazione si viene a sapere che Viacom era ai tempi uno dei gruppi che tentò l’acquisto di YouTube prima della grossa somma sborsata da Google (Eric Schmidt ha recentemente spiegato di aver pagato YouTube 1 miliardo di troppo a causa della forte concorrenza creatasi nelle trattative). Viacom, quindi, avrebbe denunciato un gruppo che voleva acquisire e contesterebbe filmati precedentemente caricati per via indiretta: Google contesta la doppia faccia di un gruppo che, quindi, starebbe agendo per una sorta di rivalsa rispetto al gruppo che sta lucrando su di un sito che Viacom voleva per sé.