Dopo aver dato un contributo significativo all’ibridazione del genere FPS a quello RPG con l’ottima serie Borderlands, Gearbox compie un ulteriore passo in avanti unendo, nel nuovo Battleborn, sparatutto in prima persona e MOBA, il sottogenere reso famoso da una mod di Warcraft III, Defense of the Ancients.
I ragazzi di Gearbox non si sono limitati a pescare a piene mani dai vari Dota, Dota 2, League of Legends e compagnia bella, ma hanno (come da tradizione) messo del loro, interpretando questo particolare mix con toni ironici e divertenti, fatti di dialoghi irriverenti e personaggi fuori dagli schemi, una grafica cartoonesca, coloratissima e un design ricercato, fresco e mai banale. Pur essendo un MOBA-like, Battleborn è soprattutto uno sparatutto in prima persona e dunque non si svincola (per ovvie ragioni) dal suo genere di riferimento principale, offrendo un pacchetto contenutistico completo sotto tutti i punti di vista. È infatti presente una campagna singolo giocatore (affrontabile anche in cooperativa online con altri quattro giocatori) e una componente competitiva composta da tre modalità: cattura, incursione e fusione.
Per quanto riguarda la campagna, non siamo di fronte ad un’esperienza strutturata e coinvolgente come visto, ad esempio, nella serie Borderlands, ma di una manciata di missioni (in totale otto), alcune delle quali molto lunghe, ma legate ad una narrazione solo abbozzata e molto superficiale. Le quest propongono più o meno le medesime dinamiche: resistere ad un serie di ondate nemiche, difendere un’area anche grazie all’aiuto di torrette o droni, scortare e proteggere dei robot oppure affrontare giganteschi boss, spesso molto riusciti. Una discreta varietà di situazioni, resa però ancora più spiccata dalla presenza di ben 25 personaggi fra cui scegliere. I 25 eroi sono ovviamente il punto di forza dell’esperienza Battleborn, quel valore aggiunto che spinge a giocare, a provare e riprovare le missioni nei panni di un nuovo eroe, scoprire le sue abilità, capire quale può essere quello più adatto allo stile di gioco che si sta cercando, un po’ come se si stesse cercando l’anima gemella.
Oltre alla classica modalità Cattura, nella quale si devono conquistare e mantenere tre punti sulla mappa, le altre due opzioni di gioco prevedono una meccanica completamente MOBA. In Incursore, ad esempio, si deve distruggere la sentinella nemica (un robottone gigante) facendosi aiutare dagli scagnozzi, robottini alleati controllati dall’IA, mentre in Fusione ogni squadra deve proteggere gli scagnozzi dal team avversario per ottenere punti facendoli entrare all’interno di una grande struttura che li riduce in brandelli. Vince la prima squadra che arriva a 500 punti. Con sole tre modalità la componente competitiva di Battleborn è al momento un po’ striminzita, ma ci aspettiamo che i ragazzi di Gearbox si adoperino per un programma di supporto corposo, partendo magari dall’introduzione di classici come “tutti contro tutti” o “team deathmatch”.
Nonostante una campagna un po’ deludente, Battleborn è una gradita sorpresa, inevitabilmente oscurato dall’uscita di altri titoli di maggior richiamo mediatico come Uncharted 4 e Doom. Questo primo, quasi sperimenale shooter-MOBA merita l’attenzione di tutti i videogiocatori in cerca di un FPS multiplayer fresco e di carattere, capace di distinguersi prepotentemente dalla massa.