Sette anni fa la nipponica FromSoftware, capitanata dal geniale Hidetaka Miyazaki, portò una piccola rivoluzione nel genere degli action-RPG con Demon’s Souls dando vita al sottogenere dei “souls-like”, videogiochi dalla narrativa ermetica, un’ambientazione dark fantasy e un alto livello di sfida, talmente alto da diventarne l’aspetto caratterizzante. Con il ritorno di Miyazaki al timone arriva anche l’ultimo capitolo della serie Dark Souls 3.
Come da tradizione, Dark Souls 3 getta il giocatore all’interno di un contesto narrativo magmatico, dove non si hanno informazioni chiare e dirette su ciò che accade attorno al protagonista e ogni piccolo dettaglio va conquistato e carpito attraverso mezzi dialoghi o descrizioni degli oggetti. Il giocatore veste i panni di un eroe risorto dalle ceneri, chiamato “fiamma sopita”, ed il suo compito è quello di riportare al loro posto i cinque Lord dei Tizzoni andandoli a cercare (in alcuni casi eliminare) all’interno dei vari scenari proposti. Seppur poche, molto belle e suggestive le sequenze di intermezzo in computer grafica, solitamente posizionate in prossimità degli scontri coi boss.
Una volta scesi in campo ci si accorge immediatamente che rispetto ai suoi colleghi contemporanei Dark Souls 3 è fatto di un’altra pasta, una pasta dura, per alcuni fin troppo dura. Ogni mostro che si incontra sul percorso, anche il più insignificante, va infatti affrontato con attenzione, con una tecnica puntuale e letale, studiando una strategia, senza sbagliare un colpo e non lasciando nulla al caso. Ovviamente ciò non sempre sarà sufficiente e (soprattutto contro i boss) il game over arriverà puntuale come un orologio svizzero. Una difficoltà non fine a se stessa, ma parte integrante di un rigoroso meccanismo “trial and error”.
Nonostante l’iniziale ed inevitabile sensazione di già visto, Dark Souls 3 offre un combat system più fluido e dinamico e una direzione artistica di alto livello, corroborata da un buon impianto grafico. Permangono però alcune criticità storiche legate a telecamera e lock-on. I veterani potrebbero mal digerire il livello di difficoltà leggermente più basso rispetto al passato, che è comunque (lo ricordiamo) superiore alla media e di certo non adatto a tutti.