Nonostante un’accoglienza non proprio esaltante, Homefront è stato uno degli FPS più originali della passata generazione, grazie ad un universo fantapolitico interessante e credibile. Dopo cinque anni di sviluppo durante i quali al timone si sono susseguiti team diversi, Homefront: The Revolution è finalmente disponibile grazie allo sforzo dei ragazzi di Dambuster Studios.
Homefront: The Revolution è una sorta di reboot del franchise ma, proprio come il capitolo originario, mette ancora una volta gli Stati Uniti d’America contro la Corea. A cambiare, però, sono le premesse che hanno portato quello che tutti conosciamo come uno dei paesi trainanti dell’economia e della cultura mondiale ad inginocchiarsi di fronte al piccolo stato asiatico. Nell’ucronia dipinta dai ragazzi di Dambuster Studios la grande rivoluzione tecnologica e digitale degli anni ’70 non avviene nella celebre Silicon Valley di Bill Gates e Steve Jobs, ma nella piccola penisola orientale che, di conseguenza, diventa la nazione più potente del mondo.
Contemporaneamente, invece, gli Stati Uniti se la passano piuttosto male, indebitandosi in seguito ad onerose campagne militari che la porteranno, nel 2025, al fallimento nazionale. A questo punto la Corea, che negli anni ha foraggiato lo zio Sam (con il benestare delle altre nazioni) invade il paese nordamericano con il pretesto di offrire aiuti umanitari, ma in realtà ne assume totalmente il controllo. Una parte della popolazione insorge, dando vita ad un movimento di rivolta: la Resistenza. Il gioco è ambientato nel 2029, nel pieno dell’occupazione coreana negli USA, e si vestono i panni di Ethan Brady, nuovo membro della Resistenza. L’universo fantapolitico e distopico tratteggiato dagli sceneggiatori di Homefront: The Revolution è visivamente ed emotivamente forte e credibile, ma trama e personaggi che fanno da sfondo si fanno ben presto dimenticare.
A differenza del primo capitolo, Homefront: The Revolution, ambientato a Philadephia, presenta una struttura open world imperniata sulla rivoluzione. Oltre ad una serie di missioni principali è presente una buona quantità di azioni collaterali atte a mettere i bastoni fra le ruoti all’invasore coreano e instillare il germe della rivoluzione nella popolazione: sabotare dispositivi elettronici, distruggere veicoli blindati, liberare gli abitanti schiavizzati, attivare radio per diffondere la propaganda, liberare punti strategici come scuole, depositi, ristoranti e altri edifici per renderle basi della Resistenza.
Homefront: The Revolution è bello da vedere, ma poco ispirato artisticamente. L’universo fantapolitico in cui ci si muove è interessante, ma la trama noiosa e banale, il gameplay open world è solido, ma non spicca in nessun aspetto. In definitiva Homefront: The Revolution manca di personalità, si limita ad essere una commistione di buoni elementi ma senza un’anima. Una sorta di Frankestein videoludico.