Il padre di Internet a muso duro contro Viviane Reding, il commissario europeo che vuole nuove regole su Internet e crede nel “diritto all’oblio” come strumento di difesa del cittadino e della sua vita privata. Vint Cerf, invece, pensa sia un’idea «potenzialmente terrificante» e com’è nel suo stile non ha certo addolcito la pillola.
Mentre inaugurava la sezione “Vita online” del Bradford National Media Museum, dedicata all’impatto del web sulla vita degli inglesi e al contrasto al “bitrot”, cioè l’obsolescenza delle macchine incapaci di leggere i vecchi formati, Cerf ha spiegato ai giornalisti di considerare impossibile la creazione del diritto all’oblio. La sua è peraltro una presa di posizione particolare, visto che Cerf è da tempo parte del team Google, il leader tra i motori di ricerca ed il primo grande nome ad essere interessato dall’impegno europeo per quello che viene considerato come il diritto ad essere dimenticati dalla Rete:
Non puoi rimuovere i contenuti dai computer di tutti solo perché vuoi che il mondo dimentichi qualcosa di te, è irrealizzabile. (…) L’equivalente analogico di questo concetto è terrificante: se qualcuno volesse far dimenticare un proprio libro pubblicato perché ritenuto imbarazzante, come sarebbe possibile se non irrompendo nelle case della gente facendosi largo tra le loro librerie?
A Cerf non è mai mancato lo spirito per le metafore – memorabile quella del diritto al cavallo che utilizzò per irridere chi voleva inserire Internet tra i diritti dell’uomo – dietro alle quali però c’è un arguto senso della praticabilità delle leggi rispetto alla natura di Internet.
Cerf, come d’altra parte alcuni esperti di diritto, è convinto che questa idea di “diritto” ad essere dimenticati abbia più a che fare con un gesto politico che non con una riflessione tecnica, elemento che lo preoccupa e lo irrita al contempo, dato che prima di legiferare bisognerebbe sapere che la rete si distingue per la sua capacità di copiare file e caricarli in tempi differenti e potenzialmente all’infinito.
La prospettiva, immaginata dalla Reding, di società come Google (dove lavora Cerf) o Facebook che operino come poliziotti dei loro utenti sotto la minaccia di multe che arrivano al 2% del fatturato, non piace assolutamente al padre di Internet, anche se la soluzione sembra lontana:
Sono molto preoccupato non si comprenda l’evoluzione della tecnologia e il suo impatto sulla società, se non si tenta di registrare quello che sta succedendo. E poi non è solo questione di registrarlo, ma anche di analisi e comprensione di come le cose cambiano a causa della tecnologia. So bene che dobbiamo chiederci quali regole dobbiamo adottare per impedire che una nostra foto in rete ci causi imbarazzo, ma penso che non ne abbiamo ancora idea.
Di certo, Cerf, forse stimolato dalla sfida di evitare l’oblio delle informazioni a causa dell’invecchiamento delle macchine («se andremo avanti così, il 20esimo secolo sarà molto nebuloso per i cittadini del 22esimo») di diritto all’oblio non vuole proprio sentir parlare.