Considerato uno dei padri fondatori di Internet (insieme a Bob Kahn ha sviluppato la suite di protocolli TCP/IP), Vinton Cerf è attualmente impegnato in un progetto che in futuro porterà le comunicazioni attraverso il Web oltre l’atmosfera terrestre. Da diversi anni l’informatico statunitense lavora con la NASA e il JPL (Jet Propulsion Laboratory) ad una Internet interplanetaria che possa facilitare lo scambio di informazioni in ambienti ad elevata latenza. Ci sono numerosi problemi da affrontare e risolvere perché una Rete spaziale non più funzionare come la Rete terrestre.
Vinton Cerf spiega che il progetto è iniziato nel 1998, quando la NASA era alla ricerca di un sistema di comunicazione migliore di quello disponibile all’epoca e attivo tuttora. Attualmente per lo scambio dei dati tra una stazione di terra e un oggetto nello spazio (ad esempio, la Stazione Spaziale Internazionale o le varie sonde lanciate negli corso degli anni) è necessario un collegamento radio punto-punto. L’utilizzo dei protocolli TCP/IP è impossibile per una serie di ragioni.
Innanzitutto, la distanza da coprire è eccessiva, per cui la trasmissione dei pacchetti richiederebbe troppo tempo (per compiere il tragitto dalla Terra a Marte e viceversa un segnale radio impiegherebbe fino a 40 minuti). Inoltre, la comunicazione si interromperebbe a causa della rotazione dei pianeti. Infine, nei router non c’è abbastanza memoria per conservare i pacchetti in transito che quindi verrebbero scartati. Cerf, insieme agli scienziati della NASA e del JPL, ha progettato una nuova suite di protocolli, denominati Bundle, che permettono di memorizzare i pacchetti per una durata maggiore, grazie ad una tecnica chiamata storing forward.
Un’altra sfida è rappresentata dalla risoluzione dei nomi dei nodi della Internet interplanetaria. Per aprire un sito sulla Terra un utente di Marte digita l’URL nel browser, ma per vedere la pagina Web deve attendere la conversione in un indirizzo IP da parte del Domain Name System (DNS). Ciò potrebbe richiedere un tempo indeterminato (nella migliore delle ipotesi fino a 40 minuti) prima di ottenere una risposta (se nel frattempo il nodo non ha cambiato il suo IP). I ricercatori hanno quindi implementato il delayed binding. Il primo passo è capire qual’è il pianeta su cui risiede il sito, quindi si instrada il traffico verso quel pianeta, e solo allora si effettua una ricerca locale, possibilmente utilizzando il nome di dominio.
Attualmente la Rete spaziale è formata da pochi nodi: il Deep Space Network al JPL, la Stazione Spaziale Internazionale, i rover Spirit, Opportunity e Curiosity su Marte, e la sonda Phoenix Mars Lander. Tutti questi veicoli utilizzano una versione preliminare dei protocolli interplanetari per la trasmissione dei dati verso la Terra. Cerf spera che i protocolli Bundle diventino presto uno standard per le comunicazioni nello spazio. In futuro verranno anche avviati test per verificare il funzionamento di servizi in real time, come la chat, le telefonate e le videochiamate.