Viviane Reding, vicepresidente della Commissione Europea e commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, non ha fatto trascorrere che qualche ora prima di prendere posizione sulla nuova policy per la privacy adottata da Google: parlando ai microfoni della BBC la Reding ha fatto capire che la Commissione Europea non starà a guardare e che, anzi, interverrà con sollecitudine a salvaguardia della privacy dei cittadini.
Privacy che, proprio la Reding, soltanto pochi giorni or sono ribadiva come un “diritto fondamentale” la cui difesa non può che essere imprescindibile.
La Commissione Europea aveva già fatto sapere il proprio pensiero prima ancora dell’adozione del documento stesso, spiegando di avere più di una preoccupazione in proposito ed auspicando un rinvio delle procedure da parte di Google. A policy adottata, quindi, non è rimasto che ribadire ai media le medesime preoccupazioni della vigilia. Secondo la Reding, infatti, Google è mancata in trasparenza, poiché se è vero che la nuova policy semplifica la situazione precedente (oltre 60 documenti sono stati accorpati in uno soltanto), agli utenti non è però del tutto chiaro cosa vada a succedere nel momento in cui tutte le informazioni raccolte sui vari siti vengono messe in un calderone unico.
La Reding mette avanti a sé il parere formulato dalla CNIL, da cui sono giunti pesanti dubbi circa la legittimità dell’operazione posta in essere da Google: il monito pre-policy (la CNIL è il referente della Commissione deputato a dirimere la questione con un dialogo diretto con Google) viene pertanto ribadito, preannunciando così supplementi di indagine e necessari approfondimenti. La CNIL del resto non ha usato mezzi termini: Google sta violando le normative europee, ed in virtù di una considerazione di questo tipo il passo successivo è un passo dovuto.
Il prossimo contatto potrebbe avvenire già nelle prossime settimane: la Commissione Europea potrebbe scrivere a Google già entro metà marzo chiedendo specifiche informazioni sulle procedure poste in essere. Perché se è chiaro che Google abbia forzato la mano dopo i moniti giunti da mezzo mondo circa la nuova policy, sta ora alle autorità interessatesi dimostrare che ci sia quale illecito da rettificare o, eventualmente, sanzionare. Google da parte sua ha più e più volte ribadito la piena convinzione per cui sia questa la via più trasparente e chiara per una policy lineare con cui garantire agli utenti pieno controllo sui propri dati e sulla propria esperienza online.