Viviane Reding lo dice volta per volta sempre più espressamente, con riferimenti sempre più circostanziati e con pressioni sempre più importanti: l’Italia proceda con la separazione funzionale delle reti, così che il mercato possa volgere verso una situazione di maggiorata libertà e la concorrenza possa trovare nuovi spiragli di espressione.
Il discorso della Reding è generale, ma il riferimento al nostro paese è preciso: «anche in Italia la mancanza di concorrenza effettiva penalizza i consumatori che pagano tariffe più elevate». Il dito della Reding è puntato espressamente contro i vari incumbent nazionali: «nella telefonia fissa la concorrenza è ancora in fasce, visto che in Europa solo il 10% degli abbonati è legato a un’operatore alternativo, mentre gli operatori incumbent rappresentano ancora quasi il 100% delle quote di mercato. Solo nel Regno Unito e in Danimarca si è iniziato a fare qualche passo nella direzione giusta […] Ma c’è ancora molta strada da fare anche nel settore della banda larga, dove gli operatori incumbent sono il 55,6% del mercato, con picchi ben oltre il 60% in molti Stati membri». Il tutto avviene peraltro mentre proprio in Italia viene duramente contestata la posizione dell’incumbent Telecom Italia anche nel bando per l’appropriazione delle frequenze Wimax, ove l’azienda rischia di aumentare ulteriormente la propria posizione di controllo sul mercato.
La Reding non intende comunque abusare degli strumenti a disposizione: la separazione funzionale delle reti è giudicata in modo positivo ma va messa a punto con precisi limiti. Respinta, tuttavia, la teoria per cui tale direzione porterebbe ad una diminuzione degli investimenti e dei posti di lavoro: i numeri dicono il contrario e proprio il Regno Unito è il luogo ove maggiori sono gli investimenti nel settore.
Le linee interpretative offerte dalla Reding rientrano nel contesto della presentazione di un pacchetto di interventi che la Commissione Europea ha proposto a difesa dei diritti dei consumatori. Tra le varie misure si segnalano un’Authority europea di controllo sui mercati, un maggiore peso delle istituzioni UE nelle decisioni nazionali ed una più semplice comparazione tra i prezzi dei vari operatori a tutela della possibilità di scelta del cliente.