Oltre il 95% dei circa tre milioni di cittadini lombardi che si sono recati alle urne per esprimersi in merito al referendum sull’autonomia ha votato “Sì”. Un verdetto chiaro, in linea con le previsioni della vigilia, che lascia poco spazio a interpretazioni. La giornata sarà ricordata anche per aver segnato il debutto del voto elettronico in Italia, una modalità di partecipazione alla vita pubblica del paese che pare destinata a mandare in pensione schede cartacee e matite copiative.
Nei giorni che hanno anticipato il voto e persino durante l’apertura dei seggi si è parlato di vulnerabilità del sistema e della possibilità di attacchi o interferenze esterne, facendo talvolta confusione tra voto elettronico e voto online. È bene ribadirlo: i 24.000 tablet (Smartmatic A4-210) impiegati non erano connessi alla Rete e solo dopo le 23:00 i risultati raccolti sono stati comunicati alla Regione. Tutto sembra però essere andato per il meglio. Tutto, o quasi. È infatti lo stesso presidente Maroni a parlare di un intoppo che ha interessato circa 300 delle chiavette utilizzate per raccogliere e trasmettere l’esito della consultazione. Ancora poco chiare le cause: l’utilizzo dello stesso PIN per più voting machine oppure ritardi dovuti alla consegna dei dispositivi al personale addetto al ritiro.
Voto elettronico: come è andata?
Il referendum lombardo ha dunque costituito un banco di prova, un test sul campo utile a raccogliere feedback e capire se questa modalità di chiamata alle urne possa essere in futuro impiegata su larga scala, a livello nazionale, in occasione delle prossime consultazioni. Abbiamo chiesto come è andata a un presidente di seggio, in prima linea durante lo svolgimento di tutte le operazioni.
Com’è andata con il voto elettronico?
Bene. Nessuno ha riscontrato problemi. Tutto è stato molto semplice e le voting machine in dotazione hanno funzionato in modo impeccabile dall’inizio alla fine. Sia all’apertura che al termine, i report di diagnostica sono stati stampati in modo corretto.
Tra i cittadini, qualcuno ha incontrato difficoltà?
Nessuno, nemmeno le persone anziane o chi ha solitamente meno confidenza con la tecnologia. Alcuni, prima di entrare in cabina, hanno avuto bisogno di indicazioni. Altri hanno invece chiesto la scheda cartacea.
Si parla di intoppi legati alle chiavette dopo la chiusura dei seggi. Nel vostro ne avete riscontrati?
No, nessuno. Le istruzioni erano chiare: non scollegare le voting machine prima di essersi recati in comune per verificare che la chiavetta avesse registrato tutti i dati. Alcuni presidenti, però, hanno dichiarato di aver ricevuto lo stesso PIN per diversi tablet, la natura del problema potrebbe dunque essere questa.
Cosa cambia per il presidente di seggio e per i suoi collaboratori?
C’è molto meno lavoro, è tutto più rapido. Alla vigilia del voto non ci sono le schede da firmare e autenticare, agli elettori non bisogna consegnare il cartaceo né la matita copiativa e soprattutto non c’è lo spoglio alla chiusura delle urne. I verbali da compilare sono rimasti invariati. In questo caso abbiamo dovuto compilare, per ogni cittadino, una ricevuta di avvenuta votazione.
Ritieni che il voto elettronico possa essere applicato anche in occasione di future consultazioni?
Ritengo di sì, bisogna però verificare che non ci siano intoppi nella trasmissione dei dati alla chiusura delle urne. Penso sia un passo in avanti.
Cosa miglioreresti del sistema, se possibile?
Eliminerei il cartaceo rimanente. Inoltre, personalmente ho trovato poco competenti i Digital Assistant, gli addetti alle operazioni nominati dalla Regione Lombardia per fornire supporto tecnico al personale del seggio durante le operazioni, sia nella giornata antecedente il voto sia durante l’apertura il voto stesso. Un parere condiviso da molti altri presidenti.