Nei vari fallimenti della storia dell’informatica, possiamo trovarne tanti in ambito hardware, quanti in quello software. Oltre questi però, non dobbiamo dimenticare un altro particolare settore in cui è facile non avere successo, e cioè quello degli standard.
Proprio in questo ambito va a posizionarsi un linguaggio di programmazione come VRML, ovvero Virtual Reality Modelling Language, il quale prometteva una cosa sostanzialmente semplicissima, eppure allo stesso tempo complicata: regalare alla bidimensionale navigazione Web una terza dimensione.
Facile capire come questo avrebbe potuto cambiare completamente l’attuale modo con cui siamo abituati alla fruizione di contenuti Web. Eppure qualcosa è andato storto, portando le nostre pagine a continuare a scorrere nelle solite due dimensioni.
Molti di vuoi non avranno mai sentito parlare di questo particolare linguaggio con cui i w3d designer sono in grado di creare mondi e oggetti in 3D. Per darvene un’idea, provate a immaginare, ad esempio, di camminare per le vie di una cittadina. Certo, oggi è possibile farlo, tramite una sequenza di fotografie, ma voi immaginate di più, e cioè di essere proprio nella ricostruzione in tre dimensioni di quella città, e immaginate di farlo tramite il vostro browser. E ora pensate che non solo questo è realmente possibile, ma che lo strumento adatto a tutto ciò è pronto e standardizzato fin dal 1996.
Facciamo un piccolo passo a quegli anni e capiremo subito il perché di tanto insuccesso. A metà degli anni ’90, la diffusione di una “cultura della rete” era ancora molto bassa, e non parliamo solamente dell’Italia.
Unitamente a ciò, l’altro grosso punto a sfavore era dato dall’hardware, rappresentato ad esempio da CPU dalle velocità esorbitanti di ben 200 Mhz e oltre, e da schede video dotate di poche manciate di MB di memoria. Ecco lo scenario in cui nasce questo linguaggio.
Unite il tutto a un mancato supporto da parte dei browser (prolungato ancora ai nostri giorni), e alla necessità di competenze tecniche specifiche per creare “mondi” virtuali, per i quali è necessario utilizzare comunque dei programmi di modellazione, poi pensate soprattutto agli scarsi utilizzi in ambito commerciale di tale tecnologia, e il flop era quasi annunciato.
Per fortuna lo sviluppo è andato avanti, e in questi ultimi anni tanto è stato fatto, con il progredire delle specifiche, passando prima per la specifica VRML97 poi per la X3D, la quale rappresenta una evoluzione di VRML basata su linguaggio XML, e con notevoli migliorie apportate.
Infine, nel corso degli anni non sono mancati ottimi siti realizzati in VRML, come ad esempio una passeggiata virtuale per le strade di Ljubljana, capitale della Slovenia, o tra le stanze del più italiano Museo Virtuale del Ministero della Difesa.
Altri esempi è possibile reperirli in ambito di grosse aziende le quali presentano i loro macchinari in azione, o magari propongono schemi di montaggio.
Ovviamente, per chi volesse fare un tour in questi mondi virtuali, il passaggio per dei plugin esterni ai browser è d’obbligo, mentre per chi fosse interessato ad una occhiata al linguaggio, potrebbe iniziare dalla lettura di una buona guida come quella pubblicata su HTML.it.