Sebbene abbia segnato il record storico di vendite di iPhone e iPad, Apple subisce la delusione di Wall Street: le cifre svelate ieri alla conference call con gli azionisti sarebbero sotto le aspettative. Eppure la Mela ha soddisfatto le previsioni del panel Forbes, formulato sulla base di una quarantina di analisi indipendenti, e sorge più che naturale il dubbio: può la borsa USA ritenersi delusa per un trimestre da record, pur al di sotto delle aspettative?
Apple ha venduti 51 milioni di iPhone nel primo trimestre del 2014, che la società fa corrispondere con il periodo natalizio. Wall Street, tuttavia, avrebbe desiderato il taglio del traguardo dei 55 milioni e oggi si dice profondamente delusa. Lo stesso vale anche per iPad: 26 milioni realizzati contro i 30 attesi dalla borsa. E le reazioni, forse, sono eccessive rispetto a quello che è comunque un successo per il gruppo di Cupertino.
I critici del Q1 Apple
Secondo Maynard Um di Well Fargo, il fatturato di 57,59 miliardi di dollari è soddisfacente per la borsa, ma le vendite dei melafonini sarebbero discutibili e aprirebbero forti quesiti sulle politiche rivolte ai consumatori finali. Il ciclo d’aggiornamento a 24 mesi – versione da nuovo design seguita dall’upgrade “S” – non sarebbe più sostenibile data l’elevata concorrenza, quindi il gruppo di Cupertino deve puntare sul lancio di smartphone ripetuto durante l’anno. Giudizio simile anche per Brian White di Cantor Fitzgerald: Apple rallenta ma non è spacciata, sempre che nel corso del 2014 decida di lanciare una nuova categoria di prodotti, tale da rivoluzionare completamente il mercato.
I supporter del Q1 Apple
Meno dura rispetto alle precedenti l’opinione di Piper Jaffray, data anche la presenza dell’analista Gene Munster solitamente positivo sulle sorti della Mela. Le vendite di iPhone sono sì sotto i 55 milioni attesi, ma Wall Street rischia di perdere il punto della situazione: quella di fine 2013 non è l’annata di un nuovo iPhone, è l’annata di un iPhone 5S rimodernato. E risultati così elevati per una versione “S” non se ne sono mai visti prima, tanto da non rinvenire ragioni per vietare ai potenziali investitori l’acquisto di azioni Apple nel breve termine. Opinione simile anche per Tim Arcuri di Cowen and Company, il quale riconosce l’immotivata ossessione della borsa per le cifre di vendita, dimenticandosi però di altri elementi di forza che solo Apple e pochi altri sanno dimostrare. La Mela rimarrebbe un’opportunità unica d’acquisto per gli investitori, un marchio che è destinato a rimanere ancora lungo nel tempo, sinonimo di sicurezza e garanzia.
Gli incerti sul Q1 Apple
Vi è infine un grande nugolo di incerti sui risultati del primo trimestre di Cupertino, non pienamente soddisfatti sui dati delle vendite ma nemmeno così estremi da urlare immotivatamente al fallimento. Fra questi Rob Cihra di Evercore Partners, nel sottolineare come i successi sull’high-end di Apple sono contemporaneamente «una benedizione e una maledizione», perché la società non è riuscita a imporsi sul mid-cost nemmeno con il suo iPhone 5C. Questo soprattutto riguardo alle stime sulla composizione degli acquirenti: il 74% degli utenti iPhone arriva da una precedente esperienza con il melafonino, pochi gli switcher. Non è di tenore molto differente il giudizio di Amit Daryanani di RBC Capital Markets, nel constatare come il problema dei melafonini non siano tanto le vendite, quanto la strada di mancata innovazione intrapresa quest’anno da Apple. La società ha bisogno di novità, di ritrovare quel “wow factor” che l’ha sempre contraddistinta. Infine J.P. Morgan, seguito a ruota da BMO Capital Markets e JMP Securities, con un quesito formale sulle strategie della società: può un gruppo come quello di Cupertino sbagliare a interpretare i segnali di mercato, così come ha fatto con iPhone 5C?