Negli Stati Uniti arriva Wavelength, un nuovo servizio di streaming che promette di cambiare i canoni di mercato, entrando in diretta competizione con Netflix e gli altri colossi a stelle e strisce. Il punto di forza? La possibilità di condividere i propri film con gli amici, per costruire delle librerie collettive e distribuire, così, i costi. Gli esperti sono però dubbiosi: riuscirà davvero a imporsi?
Ideato da Steve Wang, ex analista di Wall Street, Wavelength si definisce come “il primo servizio di social movie”. La piattaforma permette di acquistare dei film in streaming direttamente dai siti dei produttori originali, pellicole che potranno essere poi condivise per la visione fino a un massimo di tre amici. In altre parole, l’utente potrà approfittare del catalogo degli acquisti di un proprio conoscente e viceversa. Per farlo, il servizio sfrutta una tecnologia cloud creata nel 2010 dagli studi cinematografici, ma al momento non troppo diffusa: Ultraviolet.
Ultraviolet è una sorta di cassetto virtuale sulla nuvola, ideato da Hollywood per permettere l’acquisto di un singolo film per la riproduzione su più dispositivi. Wavelength non fa altro che organizzare le librerie di contenuti compatibili con Ultraviolet fra gli iscritti, permettendo così agli utenti di navigare fra i cataloghi dei conoscenti e avviare uno stream istantaneo, il tutto nei canoni della legalità. Come già ricordato, l’utente potrà scegliere di arricchire la sua lista titoli da una lista corposa di proposte: deciso il film, verrà indirizzato sul sito del retailer originale per l’acquisto, quale Flixster, e solo dopo il pagamento si potrà avviare la condivisione.
https://www.youtube.com/watch?v=GG2w763UCM0
Il fattore interessante di questa nuova piattaforma è la tecnologia impiegata: sfruttando Ultraviolet, infatti, Wavelength riesce a operare nel pieno delle regole attuali imposte dai detentori dei diritti, senza che però vi sia stato un supporto ufficiale di Hollywood. Il servizio, infatti, è ancora in beta e in cerca d’investimenti.
La durata nel tempo, tuttavia, non è garantita sia per questioni tecniche che di mercato. Così come sottolinea Re/code, Ultraviolet nasce in realtà per garantire lo streaming su dispositivi multipli di proprietà dello stesso utente. Di conseguenza, non è detto che i produttori non decidano di modificarne il codice per inibire la visione a soggetti terzi. Allo stesso tempo, per quanto affascinante, il progetto non costituisce ancora un’alternativa più appetibile ai grandi colossi o, fatto non da poco, alla pirateria. Alcuni utenti rimarranno probabilmente ligi al download e allo streaming illegale, poiché a costo zero. Altri, la gran parte, saranno più che soddisfatti del loro abbonamento a Netflix e ai suoi simili concorrenti: questi servizi già includono stream multipli su più dispositivi, spesso anche contemporanei, e tale possibilità è sfruttata proprio per fruizioni in condivisione tra amici e parenti. Rimane innegabile, tuttavia, il fatto che ogni nuova tecnologia permetta al mercato di evolversi e migliorare, anche solo per stimolo di concorrenza, quindi ben vengano altre declinazioni. In attesa della prossima scommessa del futuro: la visione di film gratuiti in cambio di messaggi pubblicitari, come avviene in campo musicale per Spotify, iTunes Radio e molti altri.