Dopo la lettera anti-flash di Steve Jobs, l’intera rete attendeva trepidante la risposta di Adobe. Risposta che puntualmente è arrivata, questa volta in pompa magna: la società ha comprato una pagina del New York Times per avviare una nuova, e provocatoria, campagna pubblicitaria: “We love Apple“.
Non si tratta, tuttavia, di un cessate le armi fra le due aziende. Dopo l’amorevole scritta, accompagnata da un grande cuore rosso, Adobe ha rivelato i propri veri intenti:
Quello che non amiamo è chiunque limiti la vostra libertà di scegliere cosa creare, come crearlo, e quale sia la vostra esperienza sul Web.
A questa lapidaria dichiarazione, si aggiunge una lettera che, a dir la verità, scimmiotta vagamente la precedente di Steve Jobs, con accuse mascherate da riconoscimenti e complimenti. Il mercato di Apple sarebbe chiuso e monopolista; la visione di Adobe, invece, aperta alla concorrenza. In un mercato libero e senza limitazioni, infatti, sarà il software migliore a sopravvivere: una vera e propria selezione naturale all’interno del settore informatico. Tuttavia, questo vago “j’accuse” non risponde ai dubbi sollevati da Steve Jobs, quali ad esempio le scarse performance di Flash, di conseguenza con poca probabilità riuscirà a invertire la rotta intrapresa dall’iCeo.
Considerati sia l’intervento di Jobs che quello di Adobe, appare evidente come il rapporto tra le due società sia esattamente dove l’avevamo lasciato: al punto di partenza. Da un lato abbiamo Cupertino che si lamenta continuamente, ribadendo fino allo sfinimento quanto sia poco performante Flash. Dall’altro abbiamo Adobe che, forse peccando un po’ di eccessivo vittimismo, continua a difendere il proprio prodotto additando il modello chiuso della Mela. Dimenticandosi, tuttavia, di come nemmeno il proprio modella possa esattamente definirsi come un sistema aperto.
A conti fatti, e dopo mesi di estenuanti botta e risposta che, nella maggioranza dei casi, lasciano il tempo che trovano, risulta lecito chiedersi perché Adobe non migliori il proprio player sulle piattaforme Mac, magari introducendo funzioni innovative in grado di superare le garanzie di HTML5. Il nocciolo della questione, infatti, appare a tutti molto chiaro: Apple non approverà Flash finché quest’ultimo non diverrà un plugin performante. A guadagnarci non sarebbe solo Adobe, ma anche gli utenti, attualmente penalizzati dall’assenza di Flash su iPad e dalle basse, bassissime performance del player su Mac. Finché la visualizzazione di un video FLV in bassa qualità richiederà il 100% delle risorse della CPU, provocando surriscaldamenti e rallentamenti, sarà davvero improbabile l’accoglimento incondizionato di Flash da parte di Steve Jobs.