Gli Internet café cinesi hanno conosciuto un boom dal 3
aprile scorso, quando i videogiochi sono stati resi legali anche
nell’ultimo grande regime comunista del mondo.
La più grande catena
cinese di Internet café si chiama Feiyu ed appartiene a Wang Yuesheng; è composta da
355 negozi gestiti in franchising in 22 città della Cina. Periodicamente,
gli Internet café cinesi vengono messi sotto la lente di ingrandimento dal
governo che tenta in qualche modo di tenerli sotto controllo.
Il governo
teme che dai banchi di questi locali si possano raggiungere siti contrari al
regime, oppure contenenti materiale pornografico. Lo scorso novembre, la polizia
sequestrò 56 computer della catena Feiyu dai quali erano stati visti siti
porno. Fino al varo delle nuove regole, anche i videogame erano del tutto
proibiti.
D’ora in avanti, invece, sarà il ministero della cultura a
valutare quali giochi siano da considerarsi innocui. E tra i videogame che
subito hanno preso a spopolare a Pechino, il più gettonato è senz’altro PortaBush, prodotto dalla
californiana Eruptor Entertainment. PortaBush è stato senz’altro
favorito dagli ultimi scontri diplomatici tra Washington e Pechino. Si tratta
infatti di un programma in stile “tamagotchi” avente per protagonista il
presidente degli Stati Uniti. Il giocatore deve adoperarsi affinché Bush
sia felice, e deve aiutarlo a prendere decisioni “importanti” (ad esempio,
bombardare Britney Spears).
“PortaBush” viene scaricato all’eccezionale
ritmo di 2000 download all’ora; l’80 percento delle richieste viene dalla
Cina. Alla Eruptor Entertainment pensano che in Cina stia circolando una mail
nella quale si trovi un link al programma.
C’è comunque chi, come il
sito di controinformazione Sina.com, sospetta che il governo abbia allentato solo
apparentemente la propria morsa. Si pensa infatti che le nuove regole varate da
Pechino serviranno a far scomparire gli Internet café abusivi, quelli dai
quali è possibile accedere ai siti anti-regime.
Nella capitale cinese ci
sono più di 1000 Internet café e solo una minoranza di questi è in
regola. Secondo le ultime indagini governative, degli appena 22 milioni
di navigatori cinesi, il 20,5 percento si collega alla Rete tramite i locali
pubblici