Ok, ci tengo a dire che non sono impazzito, non del tutto. Ma per introdurre un bel sondaggio condotto dal magazine Spiegel non potevo fare altrimenti.
Vi siete mai chiesti qual’è una delle parole che più snervano nel web? Secondo un sondaggio è proprio il termine web 2.0.
Seguono poi altri termini: al secondo posto Voip e al terzo Blogosfera.
Sono strani i tedeschi o davvero c’è qualche cosa che non va? Perché un termine dovrebbe “dare fastidio”?
Un giorno qualcuno si sveglia e comincia a parlare di teorie. Queste teorie piacciono, e guarda caso, al contrario della relatività di Einstein, possono essere divulgate con ragionevole semplicità.
Alla ragionevole semplicità si unisce il business e la diffusione attraverso un canale a noi noto: internet. Ma non è una semplice diffusione, è un bombardamento a tappeto. Nulla sfugge. Fin qui, ancora nulla di strano.
Ma il bombardamento riguarda anche la pubblicità di servizi ed applicazioni che dovrebbero coinvolgere la comunità, il sociale, le masse. E nessuno di questi servizi può essere inserito in una griglia di valutazione.
Faccio un esempio: Gmail, può essere considerato un servizio 2.0? Ok, è usato perchè è 2.0 oppure perchè è comodo? Flickr, è 2.0? Ok, viene usato perchè è comodo? E se entrambi sono 2.0, qual’è la chiave di volta che li lega?
Poi ci inseriamo discorsi come YouTube e Last.fm, che ci fanno nascere nuovi interrogativi.
E questo vuol dire che il termine web 2.0 non è così preciso da dare sicurezza agli utenti, anzi, è tanto impreciso (qualcuno potrebbe dire “vasto”) da generare smarrimento.
Chissà… forse è questo uno dei motivi che causano la migrazione in massa da un servizio ad un altro dopo una semplice segnalazione su un blog.