Creare un sito: pro e contro di Webflow, un WYSIWYG per creare design responsivi

Creare un sito: pro e contro di Webflow, un WYSIWYG per creare design responsivi

Mi sono imbattuto in Webflow, un servizio online che permette di realizzare dei design responsivi da esportare e pubblicare sul proprio dominio: uno fra i tanti che – col successo di HTML5 e JavaScript – promettono di facilitare il lavoro degli sviluppatori, alle prese con le diverse risoluzioni dei dispositivi. Il primo sito è gratuito, dopodiché esistono differenti fasce di prezzo a seconda delle esigenze. Secondo me, utilizzarlo è controproducente… ma non posso limitarmi a esprimere un giudizio, senza dare delle motivazioni.

Qualcuno ha sicuramente già intuito una “curiosa” affinità con Reflow, uno strumento di Adobe incluso in Creative Cloud (CC): oltre all’assonanza, Webflow è identico. Potremmo definirlo come una variante in HTML5 e JavaScript dello stesso prodotto, ottenibile abbonandosi alla popolare suite. Funzionalità e interfaccia-utente s’equivalgono, tanto da non riuscire a distinguerli — un aspetto che m’avrebbe portato a chiudere subito la finestra del browser. Webflow non ha gli stessi strumenti di debug che ho elogiato su Edge Inspect.

Prima di “demolirlo” del tutto, è giusto evidenziare che Webflow ha pure degli aspetti positivi. Tra i servizi che ho potuto provare – come Squarespace, uno dei più simili – è quello che propone la migliore indentazione del codice. L’interfaccia, al pari di Edge Reflow, è molto intuitiva a patto che conosciate HTML, CSS e JavaScript. Sì, perché Webflow non è adatto ai principianti: non è propriamente un What You See Is What You Get (WYSIWYG) e prevede la modifica manuale dei sorgenti, sebbene sia integrata in strumenti visuali.

In pratica – benché consenta di sfruttare il dragndrop degli elementi – questi devono essere personalizzati scegliendone le classi, gli attributi e quant’altro. Chi non conoscesse i CSS non capirebbe la differenza fra le opzioni: Webflow propone dei tutorial, però occorrono dei mesi per imparare quel linguaggio. Penso che la maggioranza degli utenti preferisca modificare uno dei modelli disponibili, ottenendo risultati molto simili fra loro. Caratteristica comune a tutte le piattaforme che promettono un sito in cinque minuti.

Intendiamoci, Webflow non è pessimo — come non lo è Edge Reflow di Adobe. Soltanto, presuppone delle competenze piuttosto avanzate che non sono accessibili a chiunque: orientato ai professionisti, non sarebbe mai utilizzato da un professionista. D’accordo la possibilità di scegliere su quali form factor visualizzare un elemento, ma perché dovrei perdere del tempo a imparare le funzionalità di Webflow? Impiegherei molto meno per ottenere lo stesso risultato, se partissi da un documento vuoto usando un qualunque editor del codice.

Qualcuno, giustamente, potrebbe affermare che un servizio come Webflow abbia un prezzo contenuto rispetto alle web agency. Non lo metto in dubbio. Tuttavia, ai principianti basterebbero delle soluzioni più semplici e a chi volesse promuovere un esercizio commerciale non sarebbe sufficiente. I primi potrebbero limitarsi ad aprire un blog personale, i secondi dovrebbero affidarsi a commercialisti e avvocati – pagandoli, ovviamente – per evitare di commettere degli errori sugli obblighi di legge. Una web agency? Se ne occuperebbe.

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