Un miliardo di utenti su WhatsApp. La notizia è tutta qui ed arriva direttamente da Mark Zuckerberg, colui il quale, dopo aver creato l’impero Facebook, ha acquistato WhatsApp per coltivarne la scalata ad una nuova dimensione. Un annuncio che è una felicitazione con Jan Koum e Brian Actonper (co-fondatori del gruppo) circa la nuova milestone raggiunta: «La community WhatsApp è più che raddoppiata da quando si è unita a Facebook. Abbiamo aggiunto delle funzionalità, abbiamo cancellato i costi di abbonamento ed abbiamo reso WhatsApp completamente gratuito. Ora stiamo lavorando per connettere più persone in tutto il mondo e rendere più facili le comunicazioni con le aziende». E chiude non senza un malcelato orgoglio: «Ci sono solo pochi servizi che connettono più di un miliardo di persone. Questo obiettivo è un importante passo avanti verso l’obiettivo di connettere tutto il mondo».
Un miliardo di persone, ossia circa una persona ogni 7 sull’intero pianeta. Tutto ciò nel giro di appena 7 anni: era il 2009 quando l’app nasceva dalle menti di due ex-impiegati di Yahoo.
Siamo orgogliosi di questo traguardo, e siamo onorati degli straordinari modi in cui tutti voi avete usato WhatsApp. Che si tratti di condividere informazioni vitali durante un disastro naturale o una emergenza sanitaria, di darsi appuntamento, di far crescere una piccola azienda, di acquistare un anello di fidanzamento, o di cercare una vita migliore – siamo onorati di far parte di ciò che le persone stanno facendo per rendere la loro vita e la vita di coloro che le circonda migliore.
C’era una volta il telefono fisso
C’era una volta una rete rappresentata dal telefono fisso. Arrivava ovunque arrivasse il cavo di una rete telefonica e già dava l’apparenza di una trama in grado di interconnettere tutto il mondo. Poi arrivò la rivoluzione mobile e ci accorgemmo che il cavo in realtà era soltanto un vincolo, un limite, un ostacolo. Con l’invenzione dello smartphone si è scalati ad una dimensione ulteriore perché per la prima volta abbiamo iniziato a portarci appresso i primi messenger ed i primi esperimenti VoIP.
Poi è arrivato WhatsApp. La sua semplicità d’uso è stata travolgente e presto il servizio ha raggiunto una soglia critica tale per cui la scelta non era più tra vari servizi, ma tra WhatsApp e tutti gli altri. Esserci o non esserci? Per comunicare con i propri amici, ad un certo punto, si è reso necessario esserci: download, installazione, un anno gratis. Qualche rinnovo, poi la caduta anche dell’ultimo obolo dovuto alla rivoluzione: ora che è gratis, anche la barriera che avrebbe potuto allentarne lo sviluppo è caduta.
Nelle parole di Mark Zuckerberg sembra si possa già leggere il prossimo passo del progetto: interconnettere non soltanto la rete delle persone private, ma anche la rete parallela delle aziende. Dotare queste ultime di un account significherebbe portare il mondo business sul servizio (con forti ripercussioni in termini economici) ed allo stesso tempo consolidare ulteriormente il raggiunto livello di maturità del progetto.
Quindi, anche durante la celebrazione di questo risultato, il nostro obiettivo rimane lo stesso. Ogni giorno, il nostro team continua a migliorare la velocità, l’affidabilità e la semplicità di WhatsApp. E siamo impegnati a dare alle persone una crittografia forte sul maggior numero di piattaforme possibili. Siamo entusiasti di essere arrivati così lontano. Ma ora torniamo al lavoro – perché dobbiamo aggiungere altri 6 miliardi di persone a WhatsApp, e abbiamo una lunga strada ancora da percorrere.
WhatsApp: paghiamo con la privacy
C’era una volta la cabina telefonica. Si pagava con il gettone. Prima di iniziare la telefonata bisognava contare quanti se ne possedessero, saendo a priori quanto sarebbe durata la conversazione sulla base della lontananza degli interlocutori. Poi le cabine iniziarono ad accettare anche le monete tradizionali e sembrava che fosse una gran liberazione. Poi la rivoluzione ha cancellato le cabine telefoniche e si è iniziato a pagare a minuti sul proprio smartphone, fino alle più moderne tariffe flat che ignorano tanto la distanza dell’interlocutore quanto il tempo passato in chiamata. L’ultimo confine rimasto erano gli stati nazionali, oltre i quali scatta il sovrapprezzo, ma la rete Internet è in grado di cancellare anche questo vincolo regalando la possibilità di messaggi e chiamate infiniti. Con WhatsApp, gratuite.
Quel che un tempo si pagava in gettoni, ora lo si paga in dati personali. I giudizi di merito sono soggettivi, probabilmente ancor poco argomentati e comunque inopportuni nel giorno della milestone. Semplicemente, questa è la realtà: l’impero WhatsApp è costruito sui dati personali di chi dialoga sul sistema e non si sa con esattezza come vengano estrapolati, né come vengano utilizzati. Quel che si sa con certezza è che i dati raccolti con WhatsApp si sommano a quelli raccolti con Facebook, altro mulino di casa Zuckerberg, e tutto ciò genera il più grande panificio di dati personali di tutto il mondo.
Un miliardo di utenti su WhatsApp, un miliardo e mezzo di utenti su Facebook. Mai la legge dei grandi numeri hanno avuto un potere tanto eclatante nel mondo delle comunicazioni. Stiamo pagando troppo la gratuità del gratis? Quando lo capiremo (tanto in termini stretti, quanto a livello di percezione e coscienza collettiva), WhatsApp sarà probabilmente ad una dimensione ulteriore.
La concorrenza di WhatsApp
WhatsApp non ha un concorrente: ne ha molti. La scelta è estremamente vasta, a ben guardare. Tuttavia le peculiarità e l’efficienza del servizio sono senza pari ed hanno fatto sì che la community si stratificasse giorno dopo giorno verso il limite raggiunto oggi. Con ogni probabilità a scalzare un giorno WhatsApp dal trono non sarà un anti-WhatsApp, ma probabilmente qualcosa di differente. Perché questo è quel che è accaduto negli ultimi anni: nella dimensione globale del Web, il quasi-monopolio è una condizione naturale che hanno raggiunto grandi nomi quali Facebook o Google. Tuttavia la loro forza non è tanto nella community conquistata, quanto nella sostenibilità del business e nella capacità di innovare ed innovarsi.
Così sarà per WhatsApp. Chi avrà l’ambizione di soverchiarne l’immensa rete di contatti dovrà offrire qualcosa di differente che convinca gli utenti a cambiare il modo di comunicare. Potrebbe essere la realtà virtuale (o aumentata) questo nuovo ambito? Forse. In tal caso, però, potrebbe cambiare il marchio e non la firma: Mark Zuckerberg è da tempo sul pezzo ed in segreto potrebbe già lavorare ad un servizio che potrebbe un giorno evolvere, o sostituire, lo stesso WhatsApp.
La favola di Jan Koum
La storia di Jan Koum, co-fondatore e ideatore di WhatsApp, è una favola che si nutre dei più grandi classici del mito americano e dell’atmosfera della Silicon Valley. Nato nel 1976 ed emigrato dall’Ucraina assieme alla madre e alla nonna nel 1992, Koum ha mosso i primi passi in California in mezzo a gravi difficoltà. Arrivava dai sobborghi di Kiev e da una condizione di evidente povertà, ma una volta approdato negli USA ha presto dimostrato grandi capacità nel mondo dell’informatica. Ernst & Young prima, Yahoo poi, quindi il tentativo fallito di entrare in Facebook. Poi la grande idea, ispirata dal nascente App Store: Koum e l’amico Acton scelgono la via dell’indipendenza e creano il servizio che metterà in comunicazione un miliardo di persone soltanto pochi anni dopo.
Anche WhatsApp, come in molti casi, è una semplice idea, venuta ad un uomo qualunque, ma al termine di un percorso di crescita e di grande impegno. Il percorso di Jan Koum è costellato di scelte dolorose e di grande coraggio, di studio parallelo al lavoro, di grandi stimoli da autodidatta e infine da quell’Eureka che porta a compimento tutte le nozioni e l’esperienza accumulate.
Oggi WhatsApp è quel che è diventato. E Jan Koum, l’ex emigrato portato negli USA dalla mamma e la nonna, è un fortunato e felice miliardario che vende servizi “gratuiti”.