13 deputati del PDL (Cassinelli, Scandroglio, Palmieri, Abrignani, Dell’Elce, Germanà. Mannucci, Moles, Murgia, Rosso, Scelli, Stracquadanio, Torrisi) e 2 del PD (Concia, Peluffo). È in questi numeri e in queste firme l’essenza bipartizan della prima proposta di legge che, sulla scia del manifesto per il Wifi libero comparso in Rete in queste ore, punta a trasformare la proposta della “base” in una legge dello stato.
Ad annunciare la bozza è il deputato Roberto Cassinelli (PDL), il quale tramite il proprio blog spiega i motivi di base e la natura dell’intervento proposto: «In questi giorni ci arriva da più parti un messaggio univoco: la crescita economica del Paese non può prescindere dalla diffusione e dallo sviluppo delle nuove forme di comunicazione. L’ha affermato il Ministro Scajola, l’ha ribadito il Viceministro Romani e l’ha detto anche il Ministro Brambilla. Quindi, quale momento migliore per sottoporre al Parlamento una proposta di legge che muova proprio da questi principi? […] Oggi, infatti, in Italia non è così semplice connettersi al web fuori di casa: o si dispone di una “chiavetta” o comunque di altro dispositivo mobile (una tecnologia, fra l’altro, che nel nostro Paese è offerta ancora a tariffe piuttosto alte), o si ha l’opportunità di collegarsi ad una rete locale privata, oppure – per fruire di punti di accesso pubblici, anche gratuiti – è necessario sottostare ad una procedura piuttosto macchinosa, che è un grosso freno allo sviluppo ed alla diffusione di postazioni pubbliche di accesso ad internet».
L’obiettivo della proposta è quella di affossare i limiti imposti dalla Legge Pisanu, l’origine prima dei problemi del Wifi italiano. La legge, nata in seguito agli attentati di Londra del 2005, ha rappresentato a suo tempo una risposta dettata dall’emergenza. Il tempo stesso, però, ha evidenziato tutto il peso di un intervento che la logica considera oggi scomposto, con la piena necessità di cambiare la situazione. Il tutto, secondo Cassinelli, è ricercabile all’interno di un nuovo equilibrio tra sicurezza e libertà: «In virtù della normativa sull’antiterrorismo approvata nel 2005 […], infatti, è necessario che ogni utente si presenti fisicamente da un addetto dell’internet point o dal gestore della rete wireless, al quale deve consegnare l’originale del proprio documento d’identità che verrà fotocopiato ed archiviato. Per carità, la sicurezza dello Stato viene prima di tutto. Però, credo che una procedura di questo tipo sia eccessivamente restrittiva, ed inoltre – necessitando dell’interazione fisica e personale tra utente e gestore del servizio – fa perdere quei caratteri di immediatezza ed autonomia che contraddistinguono le nuove tecnologie».
L’apertura, però, non è totale.
«La mia proposta di legge lascia spazio all’eventualità in cui l’utente possa usufruire di una connessione pubblica senza essere affatto identificato. Trattandosi di un argomento molto delicato, però, si delega il Ministro dell’Interno a stabilire, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico ed il Ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione, i casi in cui è necessaria l’identificazione dell’utente. […] Anche nei casi in cui sarà stabilita la necessità dell’identificazione, questa potrà svolgersi con procedure indipendenti dall’interazione personale utente-operatore, quindi preservando il carattere di immediatezza delle moderne tecnologie, senza però mettere in alcun modo a repentaglio la sicurezza pubblica».
Cassinelli porta pertanto avanti l’idea di una soluzione equilibrata, nella quale si possa decidere il modus operandi caso per caso, imponendo l’autenticazione in talune situazioni e consentendo libero accesso in altre (la definizione delle discriminanti è lasciata ai ministeri citati, dai quali dipende pertanto gran parte della bontà del provvedimento). Sul proprio blog il deputato proponente spiega anche i meccanismi che potrebbero consentire una semplice e discreta registrazione, senza limitare l’immediatezza dell’accesso ma, al tempo stesso, senza dimenticare le necessarie misure di sicurezza considerate imprescindibili: «chi tenta di accedere ad internet tramite una rete wireless pubblica viene “bloccato” da una finestra che richiede l’inserimento del numero di cellulare. Per potere navigare, l’utente è obbligato ad inserirlo. In pochi secondi, ed in via del tutto automatica, l’utente riceve sul proprio telefonino un sms contenente un codice tramite il quale può “sbloccare” il sistema ed accedere senza problemi alla rete. In questo modo, non c’è pregiudizio alla sicurezza pubblica perché l’utente è stato univocamente identificato (ogni utenza di telefonia mobile italiana, infatti, è abbinata all’identità di una persona rintracciabile), ma si evita una procedura particolarmente macchinosa che, di fatto, ha impedito un pieno sviluppo delle moderne tecnologie di comunicazione nel nostro Paese».
Il post si chiude con una nota polemica: sebbene la proposta di legge (pdf) venga portata avanti con firme bipartizan, il provvedimento non ha però incontrato tutti i favori cercati e non tutti i nomi avrebbero pertanto apportato la propria firma. L’idea non è pertanto del tutto condivisa, anche se non è dato a sapersi quale possa essere l’attrito che ha tenuto lontana parte della rappresentanza politica dal firmare una proposta di questo tipo.