Quello che segue è l’amaro sfogo di Wikileaks su Twitter contro Amazon, da cui il sito ha dovuto fuggire dopo che l’hosting è stato negato all’iniziativa di Julian Assange in seguito alle pressioni della politica statunitense:
«Se Amazon è così a disagio con il Primo Emendamento, dovrebbe allora uscire dal business della vendita dei libri».
Nei 140 caratteri di Twitter a cui Wikileaks affida le proprie comunicazioni, insomma, c’è stata tutta l’amarezza nei confronti del gruppo che fino a pochi giorni or sono gestiva i server su cui venivano distribuiti i documenti che stanno facendo discutere il mondo intero. Il progetto si è ora spostato su un server svedese ed Amazon si è così scrollato di dosso tanto i rischi legali quanto i problemi legati ai DDoS contro il sito nell’occhio del ciclone.
Wikileaks, inoltre, dovrebbe pubblicare entro la fine dell’anno una sorta di bilancio delle proprie attività rendendo così più trasparente il proprio operato: saranno rese note le fonti di finanziamento e le spese contratte per portare avanti l’attività di recupero e di pubblicazione dei documenti che stanno infiammando i diplomatici a livello internazionale.