La più grande fuga di notizie della storia. Wikileaks ha superato se stessa con l’ultimo rilascio, ieri sera poco prima delle otto, dai suoi database top secret. Un conto sono i report dai campi di guerra, ma le quasi tre milioni di email provenienti dall’attività degli ultimi due anni della diplomazia americana rappresentano uno sconquasso senza precedenti.
Come già avvenuto con i War Logs, Wikileaks ha fornito questa mole immensa di informazioni (sottratte da un soldato dipendente del Dipartimento americano poi arrestato) ad alcuni grandi giornali: Le Monde, El Pais, The Guardian, New York Times, Der Spiegel. È stato quest’ultimo, un settimanale, a scatenare le anticipazioni, perché dovendo uscire a stampa prima degli altri ha pubblicato la copertina.
Da quel momento (erano circa le 19.45 italiane) il sito di Julian Assange ha deciso di aprire i battenti prima del previsto, considerando che ormai il segreto era finito. Ma cosa stiamo scoprendo in queste ore?
In realtà, niente che non fosse già abbastanza noto: l’atteggiamento aggressivo di Israele rispetto all’Iran e il doppio gioco di alcuni paesi arabi; la franca antipatia della Casa Bianca verso l’amicizia troppo ostentata tra Berlusconi e Putin; lo spionaggio nella Corea del nord, e via dicendo. Insomma, più che una fuga di notizie sarebbe meglio parlare di una fuga di fonti di prima mano. Il sogno di tutti gli organi di informazione.
Sono altri i luoghi per approfondire le ripercussioni politiche, cominciando a spulciare tra queste informazioni, e lo stesso Wikileaks aggiorna il dibattito sul suo Twitter.
Qual è invece la morale che qui possiamo trarre da questo ennesimo capitolo della storia di questo sito con logica hacker, protetto dalla legge islandese e preso di mira dalle diplomazie di tutto il mondo?
Wikileaks sta facendo qualcosa che era impossibile nell’epoca delle comunicazioni di massa classicamente intese: il Web può contare su una platea così vasta e differenziata da poter lanciare un materiale enorme con la certezza che qualcuno da qualche parte avrà il tempo e le competenze per comprenderne e diffonderne anche solo una piccola parte. E tutte queste piccole parti, sommate, fanno il cambiamento.
Il risultato è la rottura dei protocolli a favore di una trasparenza che la pubblica opinione era stata abituata a pensare di non potersi permettere. Invece, oggi, sappiamo quel che non avremmo dovuto sapere. Sapremo anche meritarcelo? È davvero questa la terra promessa della Rete?
Difficile rispondere, qualcuno teme persino una crisi internazionale. Però facciamo caso: ogni volta che i popoli hanno saputo tutto quel stava accadendo attorno a loro hanno fatto scelte più sagge dei politici che avrebbero voluto nasconderlo per sempre.
E voi, cosa ne pensate?
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