Secondo alcuni documenti pubblicati da Wikileaks, Microsoft sarebbe stata coinvolta in affari diplomatici con la Tunisia. I documenti rivelano che a settembre 2006 l’azienda di Redmond avrebbe fatto pressioni presso il governo guidato dal Presidente Ben Ali per abbandonare la politica open source in favore di un programma sulla criminalità informatica.
Attraverso questo programma Microsoft avrebbe insegnato ai funzionari del governo come usare il computer e Internet per combattere il crimine. Tutto in cambio della cessione del codice sorgente del programma e di benefici che avrebbero superato i costi.
In Tunisia la situazione è precipitata negli ultimi tempi. Dopo essere stato segnalato come un paese in cui la censura su Internet era elevata, il governo è stato rovesciato durante quella che è diventata la primavera araba. Sembra, però, che gli sforzi di Microsoft per arginare l’adozione dell’open source nel mondo non si siano limitati alla Tunisia, ma abbiano coinvolto anche il Venezuela.
Infine, un ulteriore documento indica come tutte le società di software statunitense avrebbero utilizzato una back door per permettere al governo americano di accedere alle informazioni in qualsiasi momento, poggiandosi sulla legge Calea, un sistema sfruttato prima dell’attacco in Iraq per bloccare tutti i sistemi operativi Microsoft. L’azienda di Redmond non ha commentato né risposto sui presunti coinvolgimenti nelle questioni diplomatiche.