La morsa delle autorità statunitensi su Wikileaks è sempre forte e l’associazione fondata da Julian Assange è alla ricerca di una soluzione che possa permetterle di continuare ad operare indisturbata senza temere ripercussioni a livello legale. Tra le ipotesi attualmente in fase di studio vi sarebbe l’acquisto di una nave sulla quale alloggiare i server che ospitano le pagine contenenti i segreti pubblicati nel corso degli ultimi anni, ancorandola in alto mare.
In tal modo Wikileaks collocherebbe i propri server in acque internazionali, ovvero al di fuori del raggio d’azione degli Stati Uniti, permettendo alle proprie pagine web di essere online senza correre alcun pericolo. Fonti vicine al gruppo di attivisti del web parlano inoltre di manovre già avviate in maniera silenziosa per traslocare l’intera infrastruttura in alto mare, ove vige esclusivamente il Diritto del Mare, il quale non prevede in alcun modo leggi che possano compromettere la posizione di Wikileaks.
Una delle possibili collocazioni della nave che ospiterebbe i server è quella del Principato di Sealand, una piattaforma al largo della costa inglese dichiarata stato sovrano verso la metà del XX secolo. Attraccare lì la nave significherebbe per Wikileaks raggiungere un importante obiettivo quale l’assoluta incolumità dal punto di vista legale, senza che le autorità di una qualsiasi nazione possa imporre il blocco dei siti web legati al progetto lanciato da alcuni anni da Julian Assange.
Secondo Jim Dempsey, responsabile della sicurezza pubblica di Washington, la situazione sarebbe però profondamente diversa: ad essere perseguite saranno infatti le persone legate a Wikileaks e non le pagine web, motivo per cui benché i server siano dislocate in acque internazionali ciò che sarà fondamentale sarà ove i membri del gruppo risiederanno. In tal senso, Dempsey ha sottolineato come l’unica soluzione che gli attivisti avranno a disposizione per scappare alla legge sia quella di andare a vivere sulla nave che ospiterà i server.