Non molto tempo fa, avevo scritto un articolo che analizzava la “generazione 2.0” e gli strumenti che questa generazione ha, in più rispetto alla precedente, per conoscere, approfondire e studiare. L’opinione di molte università relativa al sapere condiviso e al sapere che viaggia sull’etere è spesso contraddittoria.
La rete viene vista, infatti, come un qualcosa in grado di minare le menti dei giovani studenti e di renderli passivi rispetto al loro percorso di apprendimento.
A tal proposito ho letto delle dichiarazioni di Andrew Keen, dell’Università del Michigan, leggibili nell’articolo riportato dal blog di Mlive.com. La cultura libera sarebbe addirittura qualcosa di pericoloso, da eliminare completamente.
Le parole di Keen suonano pesanti:
Free culture is in my view dangerous.[…] It undermines the value of academic labor and it’s something that ultimately will make academics unemployable.
Keen stesso si definisce l’anticristo del Web 2.0 e condanna in maniera aperta anche servizi di condivisione offerti da Google o portali “celeberrimi” come YouTube. A suo modo di vedere i contenuti sono garantiti da chi li scrive e non dalla veridicità degli stessi.
Viene naturale domandarsi se, a suo modo di vedere, chiunque scriva qualcosa e non sia un emerito professore debba venire bistrattato e mal considerato. E viceversa, nel caso un luminare sbagli?
La condanna pare essere diventata quasi unanime. Cosa fare? Poco o nulla.
Figure come quelle di Keen, o come quelle dei professori che condannano coralmente il Web e la Rete sono l’esempio chiaro e lampante della vecchia, obsoleta e stantia cultura accademica, che vede la cultura solo nelle biblioteche polverose o nelle aule dell’università. Cultura che non sa cosa sia la media-education , che non comprende perché l’e-learning sia un fenomeno da non sottovalutare, e che non vuole vedere le potenzialità di determinati strumenti.
Come in ogni cosa esiste un parte grande della Rete, che ha una forza notevole che può essere applicata concretamente a livello di educazione e formazione, e una parte di contenuti non controllati che ovviamente non può e non deve essere utilizzata.
Come distinguere? Non certo con la condanna a priori, ma solo attraverso la conoscenza del fenomeno stesso. Attraverso questo processo si arriva a sfruttare il meglio delle due culture (quella accademica e quella della Rete) al fine di ottenere il meglio da entrambe.
Voi cosa ne pensate?