Wind-Infostrada: si parte! O no?

Vedrà la luce il primo gennaio, e di fatto è già nato, il più grande operatore di tlc alternativo a Telecom Italia. È la fine del monopolio o la nascita di un duopolio? Storia di una fusione travagliata e, forse, non del tutto compiuta.
Wind-Infostrada: si parte! O no?
Vedrà la luce il primo gennaio, e di fatto è già nato, il più grande operatore di tlc alternativo a Telecom Italia. È la fine del monopolio o la nascita di un duopolio? Storia di una fusione travagliata e, forse, non del tutto compiuta.

Ormai ci siamo quasi: il primo gennaio 2002 nascerà
ufficialmente il più grande operatore alternativo di tlc italiano. Ma di fatto,
il cammino di Wind-Infostrada è già iniziato il 16 novembre scorso con
l’approvazione, da parte
dell’assemblea dei soci, della fusione tra le due aziende. Vede la luce un
colosso con 22 milioni e mezzo di clienti; un gigante che ha già diviso
in due l’Italia: da un lato quelli che vedono in Wind
un concorrente finalmente in grado di competere ad armi pari con l’impero Telecom. Dall’altra, quelli che temono
la sostituzione del monopolio con un duopolio dal quale i consumatori non
riescano a trarre alcun vantaggio.

La fusione tra Wind ed Infostrada
si è rivelata problematica fin dal principio. Le prime trattative tra Enel (proprietaria di Wind) e Vodafone (proprietaria di Infostrada)
iniziarono nel settembre del 2000. L’11 ottobre, le due società firmarono un
accordo secondo il quale Enel avrebbe versato 21 mila 500 miliardi di
lire per l’acquisto di Infostrada. Le antitrust nazionale e comunitaria
iniziarono subito ad indagare sull’accordo; in gennaio, il commissario europeo
alla concorrenza, Mario Monti, decise di delegare all’authority italiana ogni decisione sulla fusione.

Se, infatti, l’integrazione tra Wind ed Infostrada non
poneva «alcun problema sotto il profilo della concorrenza,» per usare le parole
di Monti, era invece forte il timore che Enel si potesse «espandere negli altri
comparti, mentre gli operatori concorrenti non potranno farlo nel suo,» in
quanto Enel manterrà il monopolio della distribuzione dell’energia elettrica
in Italia fino al 2030. Un possibile parere negativo dell’authority italiana
per la concorrenza, rimise in discussione tutto l’accordo; Vodafone giunse
addirittura ad esprimere perplessità sulla possibilità di portare a termine
l’operazione.

Il 28 febbraio, poche ore prima che scadesse il termine per
la formalizzazione dell’accordo, giunse la decisione
dell’autorità antitrust: Enel avrebbe potuto procedere con l’acquisizione di
Infostrada solo a patto di cedere 5 mila 500 megawatt di impianti,
riducendo il proprio parco centrali a circa 35 mila megawatt di potenza. A
fronte di questa decisione dell’antitrust (per la quale Enel presenterà più
tardi appello
al TAR
del Lazio), cominciarono nuove trattative con Vodafone, che sfociarono il
16 marzo in un nuovo accordo “scontato”: Enel avrebbe acquisito Infostrada
pagando 14 mila miliardi di lire invece dei 21 mila 500 inizialmente
pattuiti.

Il 24 ottobre, il Tribunale Amministrativo ha dato ragione ad Enel. Col
via libera dei soci è infine pronto a partire il secondo gruppo italiano di
telecomunicazioni. La nuova Wind può contare alla sua nascita su 22 milioni
e mezzo di clienti
, di cui 8 milioni e 200 mila su Internet, 7 milioni e
400 mila su rete mobile e 6 milioni e 900 mila su rete fissa. Per quanto
riguarda le infrastrutture, il gruppo dispone di 18 mila chilometri di dorsale
in fibra ottica, di 2 mila chilometri di anelli in 30 città e di 5 mila
stazioni radio base. Complessivamente, il gruppo impiega 8 mila 700 persone. La
società si chiamerà Wind, ma manterrà i marchi Infostrada per la telefonia
fissa, Italia Online per i servizi Internet business
to consumer
e ITNet per i servizi business
to business
.

Un gigante che può far paura a Telecom Italia, ma che, come
si diceva, non convince tutti. A farsi portavoce dei dubbi sulla possibile «duopolizzazione
del mercato
della telefonia Telecom-Enel, a spese dei consumatori» è l’Associazione per i Diritti degli Utenti e
Consumatori
(ADUC) che in un comunicato lamenta «la mancanza di
concorrenza,» che «non giova ad un abbassamento dei prezzi e ad un
miglioramento della qualità».

A porre comunque una sorta di spada di Damocle sulla
definitiva riuscita dell’accordo c’è il ricorso presentato al Consiglio di
Stato dall’autorità antitrust. Sarà vero, come ricorda l’Aduc, che «le cose
sono tutt’altro che concluse»?

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