Non è ancora negli store delle applicazioni e già ne parlano tutti. Su Facebook stanno per arrivare, dopo i poke e i like, anche gli woo. Cosa sono? La versione social del corteggiamento adolescenziale da “Tempo delle mele”. Infatti è stato un 17enne, il liceale bolognese Alvise de’Faveri Tron, a inventare Woofun. La tipica applicazione basata sul grafo sociale talmente semplice da sfiorare il geniale. Ma sarà anche utile?
Le agenzie nazionali hanno cominciato a battere questa notizia, secondo uno schema che assomiglia a una oculata campagna stampa: disponibile già in sei lingue, Woofun si presenta come l’applicazione web e mobile per ottenere qualcosa che Facebook non ha mai incoraggiato direttamente: il corteggiamento sulla base dell’amicizia.
Molti penseranno che in realtà una delle spinte più naturali all’ingresso nel social nertwork, dopo la rappresentazione di sé, è l’interesse per gli altri. Ma il ragazzo, evidentemente molto timido, ha capito che il problema tipico dei giovani – farsi avanti, con la propria identità – poteva essere superato utilizzando i dati in forma anonima.
Iscrivendosi a Woofun, infatti, è possibile inviare un woo a una persona che piace senza che questa sappia chi è il corteggiatore. Solo in caso questo timido tentativo corrisponda a un reciproco interesse allora i due ragazzi scopriranno di essere sempre stati interessati l’uno all’altro e così sarà più facile sciogliere il ghiaccio.
Quel che sembra interessante di questa applicazione – che stando ai commenti nei forum e su Facebook avrà un boom di iscrizioni, se non altro per sperimentare – è che lavora in forma complementare e in grande anticipo sul Graph Search di Facebook. La sfida sta tutta qui: molte applicazioni di terze parti sul social dedicate agli appuntamenti, agli incontri, verranno spazzate via dagli strumenti fai da te del nuovo motore interno presentato a gennaio (e ancora in beta). Woofun, invece, in qualche modo si ritaglia l’unico spazio rimasto, quello di chi fatica a fare il primo passo.
Il Graph Search permetterà di individuare con maggiore precisione una persona per comunanza di abitudini, interessi, passioni – sempre facendo i conti con il setting della privacy di ogni utente, si intende – oppure di seguire le attività di una persona che già interessa imparando dalle sue applicazioni (pensiamo a Spotify, oppure a FourSquare) ciò che le piace facendosi trovare pronti al momento opportuno. Tutto questo, però, ha bisogno di una persona intraprendente. Così come tutti i programmi e i siti di incontri online: ci vuole una forte motivazione e si deve essere disposti a inserire molte informazioni personali.
L’applicazione di questo liceale, invece, fa il contrario: si rivolge a coloro che il primo passo non si sentono di farlo e non vogliono inserire informazioni personali. Dopo il Graph Search, i timidi saranno gli unici a non trarre un vantaggio concreto dal nuovo strumento di Menlo Park. Così ecco la bontà dell’idea: la timidezza come elemento di comunicazione peculiare sul social, in cui si spera di essere ricambiati per una romantica combinazione astrale con una persona che già si conosce senza rischiare di fare una figuraccia in caso non sia affatto così.
Ma c’è un rovescio della medaglia: molti ragazzi hanno fatto notare che sottraendosi e puntando sul woo ricambiato, sarà gioco facile per i cyber bulli prendersi gioco dei sentimenti dei loro coetanei, spammando woo per pura crudeltà. Ma in fondo, questo è sempre accaduto. Anche al tempo delle mele.