L’8 giugno è la Giornata Mondiale dell’IPv6, il più grande test globale sul nuovo protocollo di identificazione degli indirizzi IP, necessario perché quello attuale si sta esaurendo. Ma molti operatori sono in ansia: sarà come lasciare aperta la porta in un quartiere difficile.
L’IPv6, infatti, è un protocollo nuovo, di cui non si conosce in maniera approfondita l’effetto sulla rete mondiale. Tant’è che il test vedrà in prima linea autentici giganti come Google, Facebook, Yahoo, che forniranno i propri indirizzi nella doppia modalità: IPv4 e IPv6.
C’è però un problema: tutti i siti che traslocheranno temporaneamente sul nuovo protocollo saranno molto più esposti al rischio di attacchi DDoS (distributed denial-of-service attack), il tipico attacco multifronte degli hacker diventato famoso durante il caso Wikileaks. Dunque che fare?
Secondo gli esperti di sicurezza informatica, non c’è molto da fare, in realtà: il protocollo è una tecnologia nuova, non ci sono molti esperti in grado di programmare da capo firewall e altri sistemi di protezione e inoltre IPv6 ha pacchetti più pesanti, che sembrano fatti apposta per diventare preda di questi attacchi.
Altri hanno preferito mettere le mani avanti: ci sono provider e siti che hanno spiegato come, in caso di segnalazione di attacco, torneranno immediatamente al vecchio IP senza proseguire il test. Ma c’è chi pensa non succederà proprio niente, per un motivo strategico: gli autori di DDoS aspetteranno che il protocollo diventi standard prima di agire, in modo da fare più danni e mettere sul serio in un angolo i gestori.
Lo scopriremo presto. Un metodo veloce per monitorare quanto succederà è seguire l’hashtag #WorldIPv6Day su Twitter.