Esiste un patto, firmato nel 1996 e denominato Information Technology Agreement (ITA, disponibile online in versione pdf), che prevede l’assenza di tariffe di dazio per le esportazioni verso l’Europa nel caso di prodotti ad alta tecnologia. Trattasi ovviamente di un accordo d’alto profilo in quanto coinvolge materiale estremamente prezioso per il valore dell’innovazione tecnologica e nel contempo è la via preferenziale con cui viene trattato questo tipo di merce, il che implica profonde ripercussioni a livello concorrenziale e di impatto sul mercato.
Tale patto diviene ora oggetto di nuove discussioni nel momento in cui l’Unione Europea forza la mano proponendo una interpretazione originale di quelli che sono stati i patti del 1996. Parte della World Trade Organisation (WTO) per contro porta avanti una lettura della situazione completamente diversa, chiede di rileggere gli accordi del ’96 ed intende imporre all’Unione Europea una più fedele aderenza a quelli che erano i dettami originali dell’ITA. L’hardware incluso in questa guerra di interpretazioni annovera tra gli altri monitor e stampanti per un valore di mercato complessivo pari a circa 70 miliardi di dollari. Emblematico, a titolo esemplificativo, il caso dei monitor 19 pollici: l’UE li acclude alla categoria delle televisioni, pretendendone dunque il diritto al dazio, mentre i paesi dalla parte dell’accusa chiedono una più fine analisi a tutto vantaggio dei prezzi finali sul mercato.
Secondo quanto emerso, l’Unione Europea ha diritto a respingere una prima richiesta di chiarimenti da parte del WTO ed intende avvalersi di tale opzione. L’UE non ha diritto però a respingere una seconda diffida, la quale porterebbe dunque il caso direttamente ad un tavolo comune di discussione in occasione della Dispute Settlement Body del 23 settembre.
Le due fazioni sono momentaneamente arroccate su posizioni opposte. L’UE, infatti, ritiene tali prodotti «oggettivamente differenti» da quelli descritti negli accordi del 1996, aggirando dunque il patto tutelando il mercato interno. Da parte del WTO sussiste invece la totale convinzione per cui tutto debba rimanere come prima e che monitor e stampanti (al pari di altra tecnologia coinvolta nel processo) debbano essere “duty-free” per non penalizzare l’innovazione tecnologica. Va sottolineato il fatto che l’iniziativa del WTO sia stata solleticata dalle polemiche provenienti da USA, Giappone e Taiwan, non a caso tra i maggiori esportatori di tale tipo di tecnologia.