Nata ufficialmente per difendere i consumatori e i suoi utenti, una recente causa intentata da Yahoo nasconde in realtà motivazioni molto più profonde legate alla difesa del proprio marchio dalla diffamazione e dallo sfruttamento.
La causa fa riferimento a una vicenda che vede protagonista una supposta Internet company che, da diverso tempo, invia centinaia di migliaia di mail pubblicizzando fantomatiche lotterie o concorsi a premi inesistenti, che sarebbero appunto patrocinati dal motore di ricerca di Sunnyvale. Le email non sono, naturalmente, autentiche e costituiscono una vera e propria messa in scena, l’ennesimo stratagemma per fare phishing. Come spesso capita nello spam o nelle mail di phishing, l’annuncio contempla direttamente una vittoria già avvenuta: il ricevente viene informato di aver vinto una cifra spropositata e per effettuarne il ritiro, dice sempre la mail, viene invitato a contattare i responsabili del concorso di Yahoo tramite alcuni indirizzi Web, fasulli, forniti nel messaggio. Il guadagno per il truffatore deriva dal fatto che, cliccando sulle URL indicate, si entra in un circolo di pagamenti di fantomatiche spese utili alla ricezione del grande premio e – soprattutto – si finisce per consegnare preziose informazioni finanziarie.
La causa intentata da Yahoo interessa, al momento, 25 società, su cui non sono state fornite ancora indicazioni, e 25 singoli le cui identità dovrebbero essere scoperte attraverso strumenti di tracking messi a punto dallo stesso motore di ricerca. Sunnyvale confida di identificare per lo meno coloro che hanno utilizzato caselle mail di provider come Earthlink o GoDaddy per l’invio dei loro messaggi di phishing.
Il problema per Yahoo non sarà di facile soluzione: tracciare gli spammer non è sempre un’impresa semplice. Qualora gli autori della truffa non risiedessero negli Stati Uniti, infatti, l’affare si complicherebbe ulteriormente proprio dal punto di vista legale per questioni di competenze nazionali. Nonostante le difficoltà, talvolta le operazioni di identificazione vanno a buon fine, come nel caso della recente vittoria di MySpace in una causa da 230 milioni di dollari contro uno spammer.