Nemmeno l’elezione del nuovo Board of Director ha posto fine alle polemiche interne in casa Yahoo. Nemmeno l’inclusione di Carl Icahn. Nemmeno le ultime lettere di Yang agli azionisti. Semplicemente la sensazione è che l’azionariato Yahoo sia diviso in due: da una parte quanti erano a favore di una cessione a Microsoft, dall’altra quanti erano contrari. Ed è così che il riconteggio dei voti ha evidenziato un risultato effettivo molto diverso rispetto al primo suffragio conclusosi con percentuali bulgare in favore dell’attuale CEO.
Inizialmente lo scrutinio aveva consegnato un risultato che aveva stupito i più: 85% dei voti in favore di Jerry Yang, 80% per il contestato Roy Bostock. Poi le proteste: la faida contraria s’è contata e, a meno di franchi tiratori, i numeri scaturiti non potevano essere reali. Così si è chiesto un riconteggio dei voti ed il risultato finale dipinge un quadro molto differente: Yang si conferma CEO, ma dalla sua parte ha appena il 66% dei voti. Peggio ancora è messo Bostock, capitolato al 60%. Idem per Ron Burkle, sprofondato dall’81% al 62%.
Ogni 6 azionisti favorevoli a Yang ce ne sono almeno 4 contrari. E se si conta che lo stesso Yang è uno dei maggiori azionisti, con voto molto influente sull’elezione del top management, è evidente come il suo ruolo in Yahoo sia oggi quantomai il bilico, sospeso tra le ombre di Redmond e le richieste di dimissioni provenienti dalla base. E l’ultimo incidente non aiuta di certo l’immagine del Board: l’errore nel riconteggio è stato grossolano, i dubbi sul dolo non potranno essere cancellati da alcuna scusante e l’importante posta in palio non prevede certo atteggiamenti tolleranti per simili cadute.
I connotati di una situazione tale sono di difficile lettura, ma secondo l’analista Eric Jackson, presidente Ironfire Capital (fondo che detiene oltre 3 milioni di azioni Yahoo), il tutto andrà a favorire l’entrata trionfale di Carl Icahn alla corte di Yang. E se la leadership si sposterà verso Icahn, per Microsoft potrebbero aprirsi nuovi scenari. Le azioni del gruppo nel frattempo hanno ormai toccato il fondo, tornando pressoché ai livelli di gennaio (20 dollari), prima dell’offerta Microsoft. Le condizioni iniziali non sono ripristinate (le azioni Microsoft sono molto più basse rispetto ad inizio anno, anche se ora un annunciato buyback potrebbe rilanciarne la valutazione), ma il consolidamento auspicato da Yang non è avvenuto: il voto del 1 agosto, lungi dal fare chiarezza sulla situazione, sembra insomma aver confuso ulteriormente il quadro generale.