Yahoo è stata costretta con la forza a consegnare alla NSA i dati relativi alla propria utenza. Sarebbe successo nel 2008 e il tutto è testimoniato all’interno di 1500 pagine di documenti ufficiali che dimostrano come ai tempi Yahoo avesse tentato con tutta la propria forza di opporsi alle richieste provenienti dall’ente governativo, trovandosi però a combattere una battaglia persa in partenza.
La contestazione di Yahoo era relativa all’incostituzionalità dell’ingerenza governativa nelle attività del gruppo, ma la risposta non lasciava appello: se l’azienda di Sunnyvale non avesse consegnato i dati richiesti, per il gruppo sarebbero scattate sanzioni pari a 250 mila dollari al giorno. La scure di PRISM, emersa grazie alle rivelazioni di Edward Snowden e lo scoppio del Datagate, è insomma scesa pesantemente sulle strategie di Yahoo impedendo al gruppo di tutelare gli interessi della propria community. Per il gruppo, insomma, non c’è stata scelta: la NSA ha iniziato così la propria scalata ai dati personali degli utenti (soprattutto attraverso le caselle di posta elettronica), con una escalation che nel tempo ha assunto dimensioni abnormi.
L’elemento che disturba oggi maggiormente l’opinione pubblica è la completa assenza di garanzie: la NSA non solo ha potuto agire in modo massivo sui dati, ma non ha neppure dovuto avanzare alcuna richiesta specifica relativa a singoli utenti da monitorare per esigenze di sicurezza nazionale. Semplicemente Yahoo ha dovuto consegnare le chiavi, consentire l’accesso e subire il tutto senza possibilità di appello.
Yahoo è stato il primo grande nome tirato in ballo nell’affair Datagate e i documenti emersi lasciano ora intravedere l’inizio di tutte le operazioni proprio presso Sunnyvale: la Foreign Intelligence Surveillance Act ha semplicemente avuto una interpretazione allargata, con tanto di obbligo da parte delle aziende di sottacere le attività della NSA presso i server di storage dei dati.
Per scrollarsi di dosso l’ombra della colpa e del collaborazionismo, Yahoo ha voluto ora rendere trasparente il trattamento ricevuto, lasciando intendere come sia stata l’ingerenza dell’agenzia governativa, e non semplicemente il lassismo di una azienda che non ha tutelato i propri utenti, a determinare quanto accaduto negli anni passati. I documenti emersi in queste ore sono quindi stati segnalati sul blog ufficiale del gruppo, tentando di allontanare dall’azienda l’onta del peccato originale e puntando il dito contro la NSA per quanto posto in essere in questi anni.