Yahoo ha pubblicato un nuovo transparency report dedicato al secondo semestre del 2013, quello in cui si cominciano a notare i primi effetti del maggior rilascio di informazioni concesso dalla FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act) dopo che gli Internet provider hanno lungamente protestato: più dati sulle richieste del governo americani e degli altri governi, compresa l’Italia, che mostrano il rapporto conmplesso tra le multinazionali web e gli stati nella collaborazione per la lotta alla criminalità.
Un nuovo rapporto (PDF) sulla trasparenza che fa il paio con quello di Google e che esattamente come per Mountain View rappresenta la risposta ai dubbi e alle pressioni della community dopo lo scandalo della NSA e del Datagate. Per ogni paese elencato vengono riportati il numero di richieste ricevute sui dati degli utenti, il numero di account specificati nelle richieste e il numero di richieste assolte, in pieno o in parte, da Yahoo.
Yahoo pubblica il suo secondo rapporto di trasparenza http://t.co/OaZmphuMdc
— Yahoo Italia (@yahoo_italia) March 28, 2014
Le richieste in Italia
Dando per assunto che questi numeri sono aumentati sia per una dinamica naturale che per le maglie meno strette della riservatezza americana, è interessante controllare i dati che riguardano l’Italia. Nel rapporto si scopre che Yahoo Italia srl – destinata però a trasferirsi in Irlanda – ha ricevuto negli ultimi sei mesi dell’anno scorso 1909 richieste per 2150 account (i numeri sono diversi perché un singolo account può essere incluso in più di una richiesta e un singolo utente può avere più account), molti meno del semestre precedente quando il totale delle richieste specifiche del governo aveva sfiorato il numero di tremila.
Il 70% di queste richieste (1333) riguardano non-content data, cioè informazioni sugli iscritti acquisite al momento della registrazione, ad esempio un indirizzo alternativo di posta elettronica, il nome, la posizione e l’indirizzo IP, password, informazioni di fatturazione e altre informazioni transazionali. Soltanto il 7% del totale appartiene alla categoria, assai più delicata, dei dati di contenuto personale che gli utenti Yahoo hanno creato: comunicazioni tramite servizi come Mail o Messenger, foto su Flickr, upload di file, voci della rubrica mail, commenti o messaggi su Yahoo Answers. In 257 casi Yahoo ha respinto le richieste, che evidentemente non rispettavano i criteri dell’azienda e della legge secondo la logica della “minor quantità di dati necessaria”.