Quando Yahoo e Microsoft si salutavano comunicando la fine delle contrattazioni scrivemmo che non tutto era terminato. Sebbene molti annuissero alle parole di Yang e di Ballmer, era evidentemente che c’era molto di non detto in quella vicenda. La dimostrazione prima era nel prezzo delle azioni Yahoo, mai crollato alle cifre pre-offerta. Ora è ancora in quelle cifre che va cercato il futuro, futuro ormai completamente nelle mani di Yahoo e dei suoi pericoli di implosione.
Yang ha rifiutato l’affare con Microsoft. Microsoft ha ringraziato, ha ammonito Yang per la propria condotta mettendolo di fronte alle sue responsabilità, quindi ha rinunciato ad un’offerta ostile ed ha sbattuto la porta. Yang, nudo di fronte al suo azionariato, si è affrettato a ribadire il fatto che l’azienda era sottovalutata dalle cifre Microsoft e che comunque dietro l’angolo c’erano altre possibilità da cogliere prima di cedere. Alcune piccole cause contro Yang avevano lasciato trasparire il dissapore maturato tra gli azionisti (particolarmente baldi dopo l’offerta Microsoft che aveva un attimo risollevato le sorti di portafogli pieni di lacrime ed azioni in continuo calo), ma nulla si era mosso. Nel frattempo Yang continuava a lasciare la porta aperta, ma Ballmer ha parlato chiaramente: o Yahoo torna sui suoi passi accettando la nostra offerta, oppure non c’è verso per una riapertura delle trattative.
A questo punto a prendere in mano la situazione è stato Carl Icahn, il quale ha acquistato 50 milioni di azioni di proprio pugno per poter poi vantare maggior voce in capitolo e chiedere a Jerry Yang di lasciar libero il posto alla direzione del gruppo. Ora Icahn non è nemmeno più solo: ulteriori 50 milioni di azioni sono finite nelle mani di John Paulson, il quale condivide in pieno le posizioni di Icahn. Il capitale concentrato nelle mani dei due è molto forte ed entrambi, avendo acquistato azioni di un certo valore, hanno ora pesante interesse nel vedere realizzato il sogno Microhoo.
Il tentativo dei due è quello di convincere il board ad abdicare in favore di una nuova rappresentanza maggiormente aperta agli approcci provenienti da Redmond. I nomi sarebbero già pronti e le nuove votazioni sono convocate per l’inizio di giugno. In quella sede si deciderà il destino di Jerry Yang. E per logica conseguenza il destino di Yahoo. Difficile pensare che Paulson e Icahn non siano supportati da Microsoft in questa azione. Sebbene formalmente l’azienda di Redmond abbia spiegato che ormai guarda avanti cercando nuove strategie per fermare l’ascesa di Google, in realtà i fatti potrebbero essere ben diversi. La borsa ci crede sempre più fermamente: le azioni Yahoo sono ormai tornate vicino a quota 28 dollari, vicina ai 31 offerti da Microsoft nel mix cash/share sempre respinto da Yang (offerta poi alzata e respinta anche a quota 33 dollari).
Il board Yahoo, nel contempo, ha deciso di rispondere a Icahn per respingere le sue angherie: il gruppo si autocertifica come «il migliore ed il più qualificato», nega le teorie della controparte e spiega che con tutta evidenza Icahn non deve aver bene inteso quali fossero i termini dell’offerta Microsoft. Accuse rimandate al mittente, insomma, ma in tutto ciò si misura la temperatura crescente all’interno del gruppo con l’avvicinarsi della convocazione dell’assemblea. Se offerta ostile non sarà, poco ci manca: Yahoo per conservare la propria indipendenza deve ora tutelarsi soprattutto da un nemico interno.