YouTube, il servizio consacrato alle cronache dalla pirotecnica acquisizione di Google al suon di 1.65 miliardi di dollari, è stato giudicato invenzione dell’anno 2006. «Molte Mentos sono finite nella Diet Coke»: questi ed altri i motivi che (ovviamente a livello simbolico, in quanto la portata di YouTube va ben oltre i semplici schizzi della Coca Cola) hanno portato il Time alla scelta finale.
YouTube, invenzione dell’anno 2006
70.000 nuovi video ogni giorno, 100 milioni di video in tutto: è questa la portata di una rivoluzione che il Time vede all’intersezione di tre diverse direttrici che hanno reso possibile un exploit di questo rango. Innanzitutto l’abbassamento dei costi di produzione dei video, con la banda larga sempre più alla portata dell’utenza e materiali di ripresa sempre più diffusi (telefonini, videocamere a basso costo). La seconda direttrice è quella del web 2.0: bolla o non bolla, tutto ciò che è user-generated content sta raccogliendo grande popolarità sotto la pulsione di una spinta socio/culturale che non si può più ignorare. E questo è di per sè correlato al terzo punto: i media “mainstream” stanno perdendo appeal, la cultura top-down non raccoglie più il successo di un tempo, la passività lascia il posto all’interattività e nella dimensione virtuale gli effetti di questa transizione si fanno tangibili anche e soprattutto all’interno di fenomenologie quali YouTube.
Il premio arriva anche sulla base di una rassicurazione: «YouTube non è Napster». Lungi dall’essere un fuoco di paglia, secondo il Time YouTube è un fenomeno che ha saputo consolidare la propria crescita con accordi messi nero su bianco da NBC, CBS, Universal, Sony e Warner. A ritirare il premio si presentano simbolicamente Steve Chen, Chad Hurley e Jawed Karim. Il successo, però, è di tutti coloro i quali con le loro webcam e la loro fantasia animano i contenuti di quello che sta divenendo uno dei social network più importanti al mondo.