YouTube inizia a rendere, ma non darà un apporto significativo all’imperioso flusso di entrate di Google almeno fino al 2011. Che vi fosse qualche problema sotto il profilo della monetizzazione era cosa ormai chiara da tempo: sebbene Google avesse deciso di sobbarcarsi ampi costi per l’acquisizione (1.65 miliardi di dollari) e la gestione del servizio, oltre al normale advertising testuale mai nessuna forma reale di advertising sembrava riuscire a far breccia. In tempi di ristrettezze economiche, però, il coraggio è stato preso a due mani e nel giro di pochi giorni molto è cambiato sotto questo aspetto.
Per YouTube i mesi passati sono stati tutti investiti all’insegna della crescita: dell’archivio da una parte e della community dall’altra. Nel momento in cui una certa massa critica è stata superata, YouTube è divenuto “vendibile”. Martin Pyykkonen, analista di Wunderlich Securities, ha offerto a Reuters la propria stima: YouTube non sarà redditizio almeno fino al 2011, e già a partire dal 2009 maturerà un tasso di crescita pari al 50%. Ad oggi per trasformare in introito la grande repository si è pensato a nuove forme di advertising, a canali personalizzati ed a offerte musicali in combinazione con music store esterni.
Ancora secondo Reuters «Nelle casse di Google entrano ogni trimestre circa 5 miliardi di dollari, prevalentemente dalla pubblicità nelle ricerche sul Web, e gli analisti stimano che quest’anno YouTube vi contribuirà con una cifra compresa tra i 200 e i 250 milioni di dollari, una percentuale quindi minima». Se gli introiti netti son pochi e incerti, le spese sono invece sicure e crescenti: Google deve infatti sopportare il carico di milioni di streaming, un traffico costantemente crescente che comporta alti costi e investimenti non indifferenti in nuovo hardware.
L’ultima grande scommessa di YouTube è nell’attrattiva nei confronti dei produttori. Il materiale user generated su cui la community è cresciuta, infatti, risulta difficilmente catalogabile e pertanto difficilmente vendibile. Gli accordi come quello con la RAI, invece, permettono di attirare materiale qualitativo e l’offerta di sere tv di grande appeal va a completare il quadro di una repository sempre meno amatoriale e sempre più completa. L’ultimo Poptub sarà la summa di tutto ciò: un canale intero, usato tanto come vetrina del servizio quanto come promozione al servizio stesso.
L’ultima trimestrale Google ha offerto un quadro positivo dei conti dell’azienda, la quale può ancora permettersi esperimenti continui per un prodotto leader nel proprio settore, ma la cui redditività è un cruccio a cui il mondo degli investitori chiede ormai da tempo una soluzione. Gli esperimenti attuali sembrano tutti rivolti alla ricerca della giusta via. Quest’ultima non sarà trovata oggi, né domani: il video in rete è una realtà ancora relativamente nuova e gli espedienti di monetizzazione passano attraverso problemi di copyright, alti costi di gestione ed aspra concorrenza.