Il caso che vede Google a giudizio per il video portato su YouTube da alcuni ragazzi che molestavano un compagno di scuola affetto da sindrome di Down, ha vissuto nella giornata di ieri una svolta fondamentale per il proseguimento del suo percorso giudiziario. Cambiano i protagonisti, infatti, e con essi parte dell’intero impianto accusatorio.
La svolta più importante è relativa alla famiglia del ragazzo, la quale avrebbe ritirato la querela nei confronti di Google. Spiega il legale dell’accusa, Michela Malerba: «Il ragazzo e la sua famiglia hanno deciso di non costituirsi parte civile nel procedimento penale pendente avanti il Tribunale di Milano nei confronti dei responsabili di Google Italia perché ciò non corrisponderebbe ad una sua effettiva tutela […] Tutta questa triste vicenda – prosegue il legale del giovane – è stata spesso strumentalizzata per fini che nulla hanno a che vedere con la tutela della persona offesa. Basti pensare che il ragazzo, che frequenta regolarmente una scuola, legge i quotidiani, vede la televisione si sente ulteriormente offeso e umiliato dai titoli e dalle immagini che spesso vengono diffusi». Non solo: «La decisione poi di rimettere la querela nel procedimento di cui sopra deriva dall’aver constatato che i responsabili di Google, oltre ad aver espresso solidarietà per quanto accaduto, si sono fattivamente impegnati dimostrando attenzione e sensibilità verso le problematiche delle persone diversamente abili e del grave fenomeno del bullismo».
La famiglia, dunque, si chiama fuori nel nome della tutela del ragazzo: non verrà combattuta una battaglia di principio, la quale è invece lasciata ad associazioni ed istituzioni. Il processo, insomma, continua mentre i primi rumor sembrano malignamente ipotizzare un accordo extraprocessuale tra Google e la parte querelante per risolvere il caso a livello extragiudiziario.
Per contro, infatti, il Tribunale di Milano ha accolto la costituzione di parte civile da parte dell’associazione Vividown, la quale fin dal principio sta portando avanti la propria campagna accusatoria nei confronti di Google per il fatto di aver contribuito alla diffusione del filmato tramite YouTube. Accolta anche la costituzione di parte civile da parte del Comune di Milano, con limitazione all’accusa di concorso in diffamazione.
Particolarmente dettagliata è la cronaca riportata da IFGonline sul caso, con Google che avrebbe tentato di smontare la posizione delle controparti mentre il giudice Magi avrebbe invece accolto i teoremi portati avanti tanto dal Comune quanto dall’Associazione.
La prossima udienza è stata fissata per il giorno 17 marzo. Il processo si arricchisce peraltro di un ulteriore filone parallelo rappresentato dalle accuse di una signora che avrebbe subito un episodio distinto e differente di offesa della privacy: il suo nome non sarebbe stato eliminato dalla cache del motore di ricerca. Si torna pertanto a discutere anche del difficile rapporto tra motori di ricerca e diritto all’oblìo, il che potrebbe sviluppare un’appendice autonoma ed indipendente del processo in atto.