Quasi 100 milioni di visualizzazioni per i video sullo tsunami giapponese, un terzo dei video top della classifica nell’ultimo anno e mezzo proveniente della sezione Notizie e Politica: YouTube sta diventando una piattaforma di notizie. Lo spiega un report del Pew Research Center, uno dei più accreditati nell’indagare il nuovo giornalismo e la Rete, che smentisce le facili ironie sugli onnipresenti gattini: il sito di video sharing di proprietà di Google è ben altro.
Era l’11 marzo 2011 quando un terremoto del 9° grado della scala Richter colpì le coste nord-orientali del Giappone, causando uno tsunami che ha ucciso 18mila persone, distrutto intere aree del paese e causato il peggior incidente nucleare dai tempi di Chernobyl. Un evento spaventoso, la cui copertura da parte dei media di tutto il mondo ha potuto contare su YouTube, come mai era accaduto prima: nei sette giorni successivi al disastro i 20 video nella sezione notizie più visti su YouTube erano tutti concernenti la tragedia giapponese, spesso caricati da comuni cittadini, oppure immagini dalle webcam dei luoghi pubblici (celebri quelle dell’aeroporto di Sendai).
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=-DSSssHxm4Y[/youtube]
Il rapporto sull’evoluzione di YouTube parte da questo evento per raccontare come il sito sia diventato ormai una piattaforma news in tutti i sensi, utile alle testate giornalistiche in due sensi: ha aumentato la platea delle persone interessate alle notizie; ha introdotto in maniera naturale il citizen journalism, il giornalismo partecipativo. La cosiddetta crossmedialità è l’habitat naturale, con in più la sua potente trasversalità e globalità: pochi altri – compresi i social network – vantano una così forte autonomia rispetto all’anagrafe americana (il 70 per cento del traffico di YouTube proviene da fuori degli Stati Uniti) e questo ne ha facilitato il compito e il risultato che lo studio definisce come «un forte rapporto simbiotico con gli utenti».
Probabilmente, l’audience globale della televisione commerciale è ancora più estesa rispetto a quella di YouTube, ma basta dare un’occhiata alla sezione Notizie e Politica per capire la potenzialità di un palinsesto completamente customizzabile, basato su un archivio di video composto per il 39% da materiale prodotto dagli utenti medesimi e che si basa su logiche algoritmiche e non editoriali, perciò inevitabilmente politiche.
Lo studio mette anche alcuni punti fermi sulla relazione YouTube-news:
- Le videonotizie più popolari tendono a rappresentare calamità naturali o sconvolgimenti politici, quasi mai si tratta di personalità, di individui.
- I fatti di cronaca sono intrinsecamente più effimeri rispetto ad altri tipi di contenuti, ma in certi momenti possono surclassare l’intrattenimento, come nel caso dell’uccisione di Osama Bin Laden.
- I cittadini svolgono un ruolo sostanziale nella produzione dei filmati. Più di un terzo dei video più visti sono stati realizzati da cittadini comuni, e del 51% che portava il logo di una testata giornalistica, un altro decimo si è rivelato essere stato copiato dai giornalisti.
- Il pubblico di YouTube sta ridisegnando l’ordine del giorno delle notizie (l’agenda setting), ma offre anche una maggiore esposizione ai contenuti scelti dalle testate tradizionali.
- La differenza tra video curati e montati e riprese “a crudo” dei dilettanti si sta assottigliando: merito di mezzi sempre meno costosi e software di montaggio molto intuitivi, compreso l’editor interno del sito.
- Le personalità non sono il principale motore delle top news. Neppure Barack Obama riesce a sfondare il tetto del 5%.
Di certo, il nuovo giornalismo dovrà certamente guardare all’integrazione con YouTube – ci sono applicazioni, come Storify, che partono proprio dal concetto di narrazione sociale – ma nello stesso tempo intervenire nella complessa questione dell’attribuzione e del rispetto della correttezza dell’informazione.