Su YouTube il tema gaming è uno dei più seguiti. La dimostrazione? Nel nostro paese così come all’estero sono sempre più le celebrità e i personaggi famosi che si cimentano con video di gameplay al solo fine di accrescere il loro bacino di iscritti, talvolta aprendo canali dedicati. Insomma, quello dei videogiochi sembra essere un argomento che i visitatori della piattaforma di video sharing gradiscono particolarmente, capace di stimolare la nascita di discussioni online (non sempre costruttive) e attirare l’attenzione.
Su Internet, come ben noto, generare traffico e visibilità si traduce nella possibilità di trasformarsi in un efficace veicolo pubblicitario, per spingere la promozione di un prodotto o la fruizione di un servizio. Ecco che è dunque inevitabile parlare di sponsorizzazioni: in altre parole le aziende (in questo caso i publisher e le software house) possono aver interesse nel versare denaro sonante agli youtuber affinché si parli dei loro prodotti e lo si faccia sotto una luce positiva. Un lungo ed approfondito articolo sulla questione è comparso nei giorni scorsi sulle pagine di Eurogamer, con diverse testimonianze di videomaker che confermano di aver ricevuto proposte di questo tipo.
Uno di loro è John Bain, più noto in Rete come TotalBiscuit, con all’attivo oltre 1,7 milioni di iscritti. Senza svelare di quali società si tratta, Bain racconta di ricevere proposte monetarie per la creazione e la pubblicazione di filmati su titoli videoludici fin dal 2010, a patto di non parlarne in termini negativi e di non svelare l’accordo agli utenti. Tutte richieste respinte al mittente, nel nome della trasparenza. Non sono però in molti a pensarla come lui e ad agire seguendo solo il principio della coerenza e della sincerità.
Eurogamer fa riferimento al programma EA Ronku di Electronic Arts, ad esempio, che secondo alcune testimonianze frutterebbe agli youtuber 10 sterline ogni 1.000 visualizzazioni dei filmati approvati da EA, in cui i videogame sono trattati solo ed esclusivamente sotto una luce positiva. Ubisoft, invece, è intervenuta direttamente all’interno dell’articolo per precisare che non impone ai videomaker il silenzio sugli accordi stabiliti.
Il tutto si traduce in un potenziale problema per l’utenza, che potrebbe essere spinta all’acquisto di un determinato servizio da filmati che lo presentano in modo esclusivamente positivo, pur non essendo contrassegnati come vere e proprie pubblicità. Chi li vede, dunque, potrebbe essere tratto in inganno e pensare ad una recensione basata sulle opinioni personali dell’autore, quando invece si tratta dei un’operazione di advertising basata su un vero e proprio scambio: denaro per visibilità.
Nel Regno Unito una pratica di questo tipo è esplicitamente vietata, seppur mai punita ufficialmente. A farlo è il Consumer Protection from Unfair Trading Regulations (Paragraph 11, Schedule 1), che recita quanto segue.
È proibito l’utilizzo di contenuti editoriali sui media per promuovere un prodotto nel caso in cui il venditore abbia pagato per la promozione senza comunicarlo chiaramente tramite immagini o suoni identificabili dal consumatore.
La questione dovrebbe essere affrontata anche nel nostro paese, così da trovare una soluzione che di fatto possa riempire quello che oggi può a tutti gli effetti essere definito un vuoto legislativo, tutelando da una parte il diritto degli utenti ad essere informati in modo chiaro e dall’altra gli interessi di chi si affida a YouTube per monetizzare il proprio impegno nella creazione dei filmati.