A prima vista può sembrare una notizia di fantasia, tratta magari da qualche racconto horror di serie B. Invece è reale: ricercatori della Yale School of Medicine sono infatti riusciti a ripristinare alcune funzioni del cervello di maiali che erano morti da ore. L’obiettivo di questa ricerca è quello di sfruttare la tecnologia per far progredire la nostra comprensione del cervello, sviluppando nuovi trattamenti per malattie e disturbi debilitanti, ma sta già facendo discutere la comunità scientifica internazionale, anche con toni piuttosto accesi. “Questo è selvaggio”, ha dichiarato per esempio al New York Times Jonathan Moreno, bioeticista dell’Università della Pennsylvania. Vediamo perché.
Zombi da laboratorio per le ricerche?
La ricerca in sé ha scopi assolutamente etici e importanti, ovverosia capire meglio per poi trovare soluzioni efficace contro disturbi cerebrali e malattie. Si parla per esempio dello sviluppo di nuovi trattamenti per lesioni cerebrali, Alzheimer, Huntington e condizioni neurodegenerative. Ma come per ogni scoperta scientifica o ricerca c’è sempre il rovescio della medaglia, soprattutto perché è un argomento che mette alla prova la nostra attuale comprensione della morte, e per i risvolti morali che questo tipo di studi potrebbe riservare in futuro. La domanda infatti che molti osservatori si pongono è questa: cosa accadrà quando qualche ricercatore senza scrupoli inizierà a sperimentare sui cadaveri umani?
A Yale gli studiosi hanno collegato 32 cervelli di maiale a un sistema chiamato BrainEx, un sistema di perfusione artificiale che assume le funzioni normalmente regolate dall’organo. I maiali erano stati uccisi quattro ore prima in un macello del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e il loro cervello completamente rimosso dal cranio.
BrainEx ha pompato una soluzione sperimentale nell’organo celebrale che essenzialmente imita il flusso sanguigno. Ha poi portato ossigeno e sostanze nutritive ai tessuti, dando alle cellule le risorse per iniziare molte funzioni normali. Il sistema immunitario del cervello ha poi preso il sopravvento e alcune cellule cerebrali hanno persino risposto ai farmaci. Insomma, di vita ce n’era, eccome. Gli studiosi però si sono fermati lì, e anzi erano pronti a somministrare un anestetico se avessero visto segni di coscienza, che assicurano si sarebbero potuti manifestare.
E allora, se tanto mi dà tanto, cosa potrebbe accadere spingendosi, appunto, oltre? Cosa succede quando la morte cerebrale diventa facilmente reversibile? Magari in un cervello stavolta lasciato all’interno del suo involucro, ovverosia il corpo? Chiaro che ci vorrà un po’ di tempo prima che tali esperimenti si avvicinino a dei soggetti umani, ma quando ciò avverrà, a cosa ci troveremo di fronte? Cadaveri rianimati per intero? Una “creatura” tipo zombi, intesa come morto che cammina, utilizzata come sacca di carne da “macello” e sperimentazione più o meno cosciente? Fantascienza, per ora, ma intanto il dibattito fra scienziati è già iniziato.