È tutto pronto ad H-Farm, l’incubatore che accoglierà la due giorni dedicata al crowdsourcing, organizzata da CrowdSourcing Week insieme a Zooppa, piattaforma italiana che è riuscita a portare l’evento per la prima volta nel paese. Il mondo dell’economia collaborativa avrà come centro, dopo Singapore e Bruxelles, la laguna veneta. Pochi paesi quanto l’Italia hanno le condizioni ideali per lo sviluppo del settore, che però ancora non marcia a pieno regime.
All’incubatore fervono i preparativi in vista dell’apertura del summit italiano, che verrà salutato da Matteo Sarzana, gm di Zooppa, che dall’alto dei 285.000 utenti iscritti attivi provenienti da tutto il mondo e oltre 450 campagne avviate e concluse avrebbe ragione di essere ottimista. Invece c’è bisogno di lavorare ancora molto sulla questione, c’è bisogno di consapevolezza.
Intervista a Matteo Sarzana
Quando si pensa alla co-creazione è impossibile scordarsi l’Italia. La frammentazione del lavoro, la storica creatività degli italiani, il numero altissimo di liberi professionisti e di brand, ne fanno un terreno ideale.
Sarzana, viene da pensare che la creazione collaborativa non c’entra nulla con le difficoltà del commercio elettronico, fermo al 4% delle aziende. Qual è la percentuale di penetrazione di questa modalità nell’economia del paese?
Purtroppo siamo vicini, come percentuali.
Com’è possibile? Nel suo intervento sulla sharing economy lo scorso autunno a Roma, invitato dall’intergruppo parlamentare, aveva spiegato i vantaggi dell’economia collaborativa…
Sono assolutamente d’accordo che le premesse sono ottime, ma concretamente c’è ancora molto da fare. Anche per questo pensiamo che i due giorni di CrowdWeek siano molto importanti. Discutendo del modello economico si renderà più nota la sua efficacia e convenienza. Ci vogliono tempo e volontà.
Ci sono forse ostacoli di natura burocratica, come denunciato dal libro bianco di Netcomm a proposito dell’ecommerce?
Tutt’altro. Quello che forse non molti sanno è che l’Italia ha una legislazione chiara, dire quasi incentivante dal punto di vista fiscale. Il creativo paga il 25% di tasse sul compenso ed è pulito, non rientra nella dichiarazione dei redditi sull’imponibile. Meglio di così…
Il riscontro dei prossimi due giorni sarà fondamentale?
Posso già dire che è molto positivo. Ci sono speaker internazionali, i media hanno compreso l’importanza dell’argomento, ci facciamo portavoce di un mondo che è sempre meno sconosciuto e porterà credo a far incontrare le aziende coi creativi in misura sempre crescente nei prossimi anni.