L’assemblea annuale degli azionisti di Facebook ha votato e approvato il piano che permette a Mark Zuckerberg di mantenere il controllo a lungo termine della sua creatura, nonostante non ne abbia più tutte le azioni, grazie alla creazione di una nuova classe di azioni senza diritto di voto. Questo piano, piuttosto originale, fa del social network una perfetta macchina da acquisizioni e da stock option che però non diminuisce il controllo del giovane CEO della società. Almeno in questa fase e in via teorica, anche se il piano già prevede cosa fare in caso Zuck decidesse di lasciare la guida, un po’ come ha fatto Bill Gates.
La storia del potere all’interno di Facebook e del cerchio magico di Zuckerberg meriterebbe un secondo film dopo quello di David Fincher sull’inizio dell’avventura dell’ex studente di Harvard. A cinque anni esatti, oggi, dalla soluzione giuridica contro i gemelli Winklevoss, che si sono accontentati di 60 milioni di dollari per rinunciare ad ogni pretesa intellettuale sulla idea originaria, il social network è in una condizione di salute impressionante, come testimoniano gli ultimi guadagni trimestrali, e deve affrontare più che altro tre questioni. Quella politica, cioè il ruolo di Facebook nel dibattito politico. E qui la campagna elettorale sta pesando. Quella del board, cioè come fare andare d’accordo investitori che hanno personalità decisamente forti e differenti; due su tutti: Sheryl Sandberg e Peter Thiel, praticamente d’accordo su nulla, tanto che per i giornali finanziari la vera notizia è che il celebre investor (unico sostenitore di Donald Trump nella Silicon Valley) non è stato cacciato. Poi c’è il tema successione, quando Zuckerberg si occuperà soltanto di filantropia.
Tre questioni spesso intrecciate che Zuckerberg ha cercato di sciogliere promettendo durante l’assemblea che si occuperà direttamente di Facebook ancora a lungo. Ecco spiegata questa mossa particolare che consente di salvare capre e cavoli: Zuckerberg metterà sul mercato gran parte delle sue azioni ma queste non corrisponderanno più allo stesso potere di voto nel consiglio di amministrazione; per la stessa ragione, la proposta di dare più potere agli azionisti è stata respinta. Gli investitori non hanno alcun interesse al momento ai giochi di potere perché le performance economiche di Facebook sono eccezionali.
Un commentatore americano ha scritto che l’argomento a favore della governance di Facebook “è la stessa che si sentirebbe a favore di un dittatore benevolo”. Per ora, sostengono i contrari al progetto, si sceglie di concentrare tutto nel genio di una persona sola, anche coloro che decidessero di investire per la prima volta nella società acquisendo le azioni C non corrispondenti a quelle A e B di Zuck.
C’è stato spazio durante l’assemblea per alcuni problemi emersi di recente, ad esempio il discusso leak sui metodi umani e non solo algoritmici di selezione dei trend, denunciati da un ex dipendente e che hanno irritato i repubblicani. Zuckerberg è stato come sempre laconico, facendo intendere che li considera effetti inevitabili del successo dell’azienda.
Zuck potrebbe perdere Facebook?
Questa azienda continuerà ad essere di Mark Zuckerberg? Stando a sentire lui e sua moglie Priscilla, l’intenzione di dedicarsi sempre più a progetti filantropici non cambierà la responsabilità diretta, ma negli Usa la domanda sta salendo in classifica fra quelle più bisbigliate negli ambienti della Borsa e dei media. Tra i primi a rompere gli indugi Katie Collins, che su Cnet ha scritto una punzonatura sullo scenario meno probabile ma non impossibile, utilizzando proprio quanto previsto dal consiglio di amministrazione.
Dovesse accadere l’impensabile, se Zuck lasciasse Facebook, che accadrebbe? Col voto di lunedì, decade l’ipotesi più accreditata, cioè che si potrebbero convertire le azioni del 14,8% in azioni con un potere di voto trasferito. Avendo ricevuto l’ok il piano per cui alle azioni economiche non corrisponde lo stesso potere di voto al 53,8%, anche se il fondatore ne vendesse il 99% quella maggioranza politica resterebbe in mano sua. Un po’ come disse Cuccia parlando di azioni che si contano e azioni che si pesano. Resta l’altra ipotesi: che il board stesso attui un piano di emergenza – depositato presso la commissione americana, corrispettiva della Consob italiana – che tolga il controllo a Zuckerberg qualora il suo comportamento dovesse danneggiare la società.
Essendo irrealistico, è molto probabile che Zuckerberg ripeterà per filo e per segno la parabola di Bill Gates, prima lasciando la direzione facendosi nominare presidente, e infine dopo essersi dato qualche anno, nominando in pectore il chief operation officer. Il nuovo Zuckerberg sarà quindi deciso da quello originale.